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La Repubblica

I mille orti che salveranno l’Africa ... Mille orti in Africa. Nelle periferie gonfiate dai disperati che fuggono dall’avanzata del deserto e dalle guerre. Nelle scuole che presidiano il futuro del continente. Nelle isole di resistenza assediate dalle monocolture che sacrificano all’export il cibo necessario alla sopravvivenza di milioni di persone. È questa la proposta che sarà lanciata a Terra Madre, il raduno di cinquemila rappresentanti delle comunità di base del cibo provenienti da 163 paesi organizzato da Slow Food a Torino dal 21 al 25 ottobre. “Può sembrare strana l’idea di creare orti in un continente che nell’immaginario comune è associato a una moltitudine di piccoli campi, ma la realtà è ormai molto lontana da quello stereotipo”, spiega Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food. “La pressione delle multinazionali, delle monocolture finalizzate all’esportazione, dei pesticidi, dell’urbanizzazione, dell’avanzata del deserto ha stravolto equilibri secolari. Nelle bidonville in crescita violenta si è persa la memoria dei saperi alimentari che consentivano di sopravvivere anche in condizioni molto difficili e i prodotti della tradizione sono stati sostituiti dal fast food”. Fino ad oggi l’operazione orti è riuscita a realizzare i primi 150 capisaldi delle colture tradizionali in una ventina di paesi. L’obiettivo è arrivare a quota mille entro la fine del 2011. Ma bisogna fare i conti, paese per paese, con resistenze molto forti e problemi crescenti. In Senegal il 95 per cento del riso coltivato viene ormai dal Sud Est asiatico e le produzioni tradizionali sono residuali. Il progetto “Mangeons local”, nato nel 2008 e sostenuto dalla Regione Piemonte, ha messo in contatto i piccoli produttori con cuochi e ricercatori per sostenere una rete di consumo basata sul fonio, uno dei cereali tradizionali, il miglio e il sorgo, che verranno coltivati anche nei nuovi orti. In Costa d’Avorio i problemi maggiori nascono invece dalla crescita dei conflitti che ha compromesso la circolazione delle merci e la produzione agricola. Il rilancio degli orti punta a recuperare l’uso di ortaggi locali e del sumbalà, un composto che esalta la sapidità dei cibi e che è caduto in disuso, sostituito dal dado da brodo industriale imposto con un’ossessionante campagna di marketing. In Guinea Bissau la monocoltura di anacardi ha soppiantato le coltivazioni tradizionali: a partire da maggio tutta la manodopera disponibile viene monopolizzata e gli orti abbandonati. Inoltre l’abuso del vino di anacardo ha moltiplicato i casi di alcolismo. La risposta degli orti è puntare sui prodotti tradizionali come il riso de pilau e il peperoncino malagueta. In Kenya scontri etnici e abbandono delle tecniche tradizionali hanno esasperato la migrazione verso le aree urbane: i campi si spopolano e l’età media dei contadini sale. Per difendere l’equilibrio ambientale e sociale dei villaggi si moltiplicheranno orti in cui si coltiva la zucca di Lare e l’ortica.

“Terra Madre”

Il Social forum dell’agricoltura di tutto il mondo, punto d’incontro di contadini, pescatori, allevatori che difendono la biodiversità. La quarta edizione si terrà dal 21 al 25 ottobre al Palaolimpico e all’Oval del Lingotto, a Torino. Settemila partecipanti di cui 5.000 delegati da 163 Paesi. La manifestazione è creata da Slow Food col suo fondatore Carlo Petrini.

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