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La Repubblica

… Il cibo del mondo Non solo sushi … Etiopia, Brasile, Australia. Riso, spezie, profumi Paesi diversi, gusti diversi, un’unica cultura: dividere sapienza e risorse Benvenuti a Terra Madre, a Torino dal 21 al 25 ottobre… Tutti a bordo, destinazione i cibi del pianeta e le comunità che li producono. Astenersi se pigri, scettici, non curiosi, schizzinosi, o convinti che non esista altro godimento gastronomico possibile al di là di pastasciutta e brasato. Perché Terra Madre - dal 21 al 25 ottobre all’Ovai di Torino - è un promotore potente di emozioni, informazioni e riflessioni intorno alle questioni primarie dell’alimentazione e dell’ambiente. Però, per una volta, via dalle parole difficili, dagli interventi interminabili, dai concetti ostici da digerire quanto e più di una montagna di fritto. Arrivano dai cinque continenti gli uomini e le donne che preservano la sapienzialità millenaria del loro dna gastronomico. Si siedono fianco a fianco, parlando tutte le lingue del mondo - spesso solo dialetti - aspettando pazienti la traduzione, oppure arrangiandosi con la mimica dei volti e dei gesti. Raccontano i loro problemi, le loro realtà nascoste agli occhi del mondo, ascoltano le storie degli altri, si confrontano, spesso si alleano, fanno rete in nome di una fratellanza che comprende tutti gli elementi della nutrizione, dalla sussistenza alle leccornie. Ma soprattutto, tra un dibattito e una relazione, praticano l’arte del cibo. Mentre nei saloni attigui del Lingotto, i banchi del Salone del gusto straripano di tutto il bendidio codificato, conosciuto e non - che sia il super parmigiano vecchio di cinque anni o la sfiziosa birra artigianale di un microbirrificio californiano - le comunità di Terra Madre esibiscono tavolozze di colori straordinari come altrettante bandiere del gusto primordiale. E come una corrispondenza di amorosi sensi tra ciò che indossano e ciò che cucinano e mangiano. A partire dalle spezie. Le spezie! Il merkén cileno, rosso di peperoncino e verde di coriandolo, i pepi multicolori della Malesia, l’oro della curcuma indiana. Una spolverata, due bacche, quanto basta a firmare piatti senza tempo con una scia di meraviglioso profumo. Se la cultura gastronomica globalizzata scheda e incasella, quella indigena lascia liberi palato e immaginazione. E siccome non di solo sushi e cous cous vive la cucina etnica, il viaggio nel cuore di Terra Madre prevede assaggi e sguardi e stupori assortiti. Può essere la foglia di banano avvolta intorno a un pugno di riso selvaggio, intriso della mollezza untuosa e fragrante del ghee, una crema di amaranto odorosa di zenzero, il riso basmati aromatizzato al curry, un cesto di sensuali uova dei cent’anni, battezzate così grazie alla fermentazione tradizionale cinese a base alcalina che garantisce una conservazione di parecchie settimane (provare per credere). Le donne - in larga maggioranza - e gli uomini che troverete accoccolati dietro le ceste del cibo, appoggiate su teli e veli dai colori stordenti, aspettano solo un cenno per farvi entrare nel loro mondo di odori e sapori. Dicono che la condivisione del cibo sia un valore assoluto e trasversale a popoli e terre. Sperimentatelo, facendovi tentare dai piatti delle quasi duemila comunità presenti a Torino. Mai come questa volta, pastasciutta e brasato possono aspettare.

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