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La Repubblica

Generazione T(erra) quei giovani contadini frenati dalla burocrazia ... Due anni e mezzo per aprire un’azienda... Anche i bambini imparano subito che vivere in montagna non è facile. “Mio figlio, 5 anni, per andare alla scuola materna - dice Ruben Lazzoni, 33 anni, dell’azienda La Chèvre heureuse di St. Marcel in Val d’Aosta - deve farsi un quarto d’ora di viaggio sulla mia jeep e poi venti minuti sullo scuolabus. Io, per andare al negozio di alimentari, devo guidare per mezz’ora. Ma questa è la vita che io e mia moglie abbiamo scelto: restare qui, allevare e trattare bene le nostre 50 capre "camosciate francesi" e le 3 mucche. Ci danno un latte buono e noi facciamo un formaggio buono. Spero che i nostri figli, un giorno, possano provare il nostro stesso orgoglio: quello di avere ridato dignità al mestiere del contadino”. Quelli di Slow Food la chiamano Generazione T, dove la T indica la terra che si lavora ogni giorno e anche la Terra alla quale si vuole dare un futuro. Domani, a Terra Madre nell’ambito del Salone del Gusto, i giovani agricoltori racconteranno le loro esperienze in un incontro con Carlo Petrini e porteranno a Torino i loro formaggi, le carni, i vini, la frutta, i salumi diventati presìdi Slow Food.
“Sono nato in città - racconta Riben Lazzoni - ma a 18 anni sono andato da un pastore in montagna per imparare a fare il formaggio. Da 6 anni ho una terra mia: sei ettari, pagati 20 mila euro l’uno perché queste sono ormai zone marginali. Pago il mutuo ma adesso il reddito c’è. Preparo il formaggio fresco, dalle robiole ai tomini, e soprattutto il Chevrier, stagionato per sei mesi in una grotta naturale, ogni forma sotto un sasso. I miei amici che vendono il latte di capra prendono 0,80 euro al litro. Il mio stagionato lo consegno ai negozi a 15 euro al chilo”. Due ore di mungitura a mano dalle 6,30 del mattino, altre due ore dopo le 18,30. “In casa non abbiamo la tv, non avremmo tempo di guardarla. Per i bimbi ho un lettore dvd”. C’è però il computer (come in tutte le case di questi giovani contadini) che permette di raccontarsi al mondo e di vendere i prodotti senza passare sotto le forche caudine di mediatori e commercianti.
Non sono molti, i giovani della Generazione T, ma stanno mandando segnali importanti. In Italia gli under 35 impegnati in agricoltura sono il 7% del totale, mentre il 44% supera i 65 anni. Ma secondo un’indagine della Svg per la Coldiretti il 78% di queste aziende giovani hanno deciso di investire per crescere, contro il 36% del campione nazionale. Gli investimenti servono soprattutto per ingrandire l’impresa (35%) e per l’innovazione tecnologica (31%). Mauro Olivero di Genola, 33 anni, è allevatore e responsabile del presidio Slow Food della vacca di razza piemontese. “Sono fortunato - racconta - perché la terra l’avevano già mio padre e mio nonno. Ma con 200 capi da carne, fra vitelle e castrati, avrei bisogno di altro terreno. I prezzi sono altissimi. In affitto, per una giornata (un ettaro è pari a 2,62 giornate, ndr), vogliono 400 euro all’anno. Per l’acquisto, almeno 50 mila euro a giornata. E c’è un continuo rialzo, anche a causa degli impianti fotovoltaici. Ci sono padroni di terra che non sono contadini che affittano quelli che erano campi di mais e grano a chi fa business con le energie alternative e in cambio ricevono 1.800 euro a giornata. Com’è possibile competere?”.
Con la razza piemontese, comunque, le cose non vanno male. “Siamo riusciti a unire 62 aziende e a proporre un allevamento genuino e naturale. Non si usano integratori o vitamine, le vitelle mangiano solo ciò che produciamo nelle nostre aziende. Riuniti in presidio, ogni anno incontriamo i macellai e raccontiamo loro il nostro lavoro e le nostre spese. Le nostre vitelle, spieghiamo, vivono e dunque mangiano un mese in più delle altre, i nostri castrati quattro mesi in più. Tenete presente che alle 5,30 siamo nella stalla, per mettere i vitelli a poppare sotto la loro madre. Ci sono le vacche nervose che non vogliono il vitello e allora le mungiamo e poi portiamo il secchio al loro piccolo. Per tutto questo voi dovete pagarci il giusto prezzo. Per fortuna ci hanno capito: gli animali ci vengono pagati 7,30 euro a peso morto, contro i 5 euro degli altri allevamenti”.
La voglia di terra cresce ma incontra tanti ostacoli. I campi migliori, dal Chianti alle Langhe, vengono acquistati da chi ha fatto soldi altrove e compra poderi e case come bene rifugio. Ci sono anche le barriere burocratiche. Un giovane che oggi voglia dare vita ad un’impresa agricola - usufruendo degli strumenti messi a disposizione della politica di sviluppo rurale (fondi europei distribuiti dalle Regioni) - in media impiega 2 anni e mezzo, per la precisione 30 mesi e 3 giorni.
Studi in Scienze politiche e duemila pecore da accudire, Giuseppe Stocchi, dell’azienda Stocchi di Leonessa, dice che “la natura va rispettata”. “I miei formaggi stagionano in grotta almeno un anno mentre in cella frigorifera sarebbero pronti in 6 mesi. Faccio anche la transumanza, con costi altissimi, portando gli animali dalla campagna romana al Terminillo. Ma solo con i fiori della montagna e l’erba della campagna le pecore possono dare un formaggio così buono. I miei amici allevatori che vendono il latte ai caseifici prendono 0,85-0,90 centesimi al litro. Io riesco a vendere il mio primosale a 9 euro e a 15 lo stagionato. Questo perché con il consumatore ho un rapporto diretto. Porto i miei formaggi al circo Massimo a Roma, nel mercato di Campagna Amica. Chi acquista una volta quasi sempre ritorna. Certo, oggi non puoi essere solo pastore. Devi lavorare il prodotto e diventare anche commerciante”.
Nel Sud a volte l’agricoltura è l’occasione per un ritorno a casa. “Mi sono laureata in agraria a Pisa - racconta Renata Madaio, 27 anni, dell’azienda Madaio di Eboli - ma, a differenza di tanti amici che vanno in università lontane per non tornare più, io ho voluto studiare per poter dare il meglio all’azienda di famiglia. Noi prepariamo formaggi di pecora tradizionali o anche al profumo di mirto, rosmarino, salvia, origano… Li facciamo stagionare in montagna, nelle grotte che un tempo erano dei briganti. Il momento più bello? È in quelle grotte, quando giro i formaggi e li avvolgo nelle erbe. Mi sembra di curare un bambino”.
"Orto del Pian Bosco" è sull’altopiano di Loreto, vicino Fossano. Andrea Giaccardi, 33 anni, ci lavora dal 1998 assieme alla moglie Manuela. “La terra era di mio padre, che però ha fatto il benzinaio e qui metteva solo foraggio e qualche peperone. In dodici anni siamo riusciti a costruire un’impresa, che dà lavoro a noi e a una decina di stagionali. Abbiamo anche un agriturismo”. Peperone di Cuneo, susina ramassin, nocciole Igp… Vendita diretta del fresco ma anche - questa la scommessa - trasformazione e conservazione in vaso. Trentacinque prodotti, tutti biologici. “Per fortuna ho cominciato a lavorare quando la gente si è messa a cercare un cibo buono e naturale. Vogliamo crescere ancora un po’, magari raddoppiare la produzione di vasetti - quest’anno ne abbiamo venduti 40 mila - ma non vogliamo diventare un’industria. Una volta all’anno faccio un viaggio con mia moglie perché mi piace conoscere il mondo. Ma il bello del mio lavoro è che non aspetti le ferie per essere felice. Sei contento di fare ogni giorno un mestiere che ti dà da mangiare e non rovina la terra, e che potrà lasciare qualcosa di positivo ai figli”.
Per entrare nella Generazione T Emanuela Ceruti, 36 anni, ha lasciato la laurea in scienze politiche presa a Pavia ed è salita a Civiasco, in Val Sesia, per vivere con il marito Livio Garbuccio, 34 anni, premiato produttore di formaggio Macagn. “La differenza con il passato? Ho lasciato quella frenesia inutile che ti fa correre tutto il giorno per poter poi comprare cose che non ti servono. Qui la fatica c’è ma è una fatica sana. Curi i figli, prepari i pasti, dai una mano in stalla, vai a cercare la capra che si è persa nel bosco. Per fortuna anche gli "altri" adesso ti guardano in modo diverso. L’altro giorno mio figlio è tornato da scuola tutto contento. "I miei amici mi hanno chiesto: ma è vero che tu hai le mucche e le capre? Erano invidiosi””.

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