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La Repubblica

… Sfida nel cuore di Manhattan tra la nuova cucina stelle e strisce della “Gramercy Tavern” e quella classica di “Eataly” … New York resta un posto ideale per le vacanze di fine anno. Si dovranno astenere i freddolosi perché spesso si raggiungono temperature glaciali, ma il fascino della Grande Mela tra natale e Capodanno ha qualcosa di speciale. Quest’anno sarà tanta la curiosità dei nostri connazionali per Eataly, che ha aperto a fine agosto di fronte a quell’icona che è il Flat Iron Building, nel punto in cui s’incontrano la Broadway e la Quinta Strada. Un tempio del mangiare italiano nel cuore d’America, ma forte anche di buoni prodotti made in Usa ( vedi lo spettacolo dell’area dedicata a frutta e verdura): un successo immediato con file fuori dal locale. Di fronte all’ondata d’italianità che ha portato Eataly può essere interessante fare il confronto con la nuova cucina a stelle e strisce che si sta diffondendo in tutto il Paese e che vedo come una delle tendenze che più si faranno sentire a livello internazionale nel prossimo futuro. La terra degli hamburger e degli hot dog, degli spaghetti con le meatballs, che ha inventato il fast food e il supermarket, sta cambiando la qualità e l’attenzione per il cibo e per la sua cucina tradizionale. Lo fa in una maniera molto originale, partendo proprio da ciò che è più rappresentativo e rinuncia a scimmiottare modelli altri per una via culinaria originale, che cerca la propria identità fra memoria, prodotti locali e di stagione, influenze migranti e con la forza di bravi giovani chef. Alcune settimane fa abbiamo detto di boston e del Craigie on Main, oggi ribadiamo il concetto con un gioiellino di ristorante, la Gramercy Tavern a pochi isolati da Eataly, sulla Ventesima Strada tra Broadway e Park Avenue. Lo chef è Michael Anthony, quasi quarant’anni, da circa quattro capo cucina. Ha portato la sua esperienza fondamentale, fatta prima al Blue Hill at Stone Barns e poi al Blue Hill di Manhattan, due ristoranti collegato all’omonima fattoria appena fuori New York, che ha fatto scuola per agricoltura sostenibile, vendita diretta dei suoi prodotti e come fucina di talenti culinari e del campo. La filosofia local e organic di Blue Hill è stata infusa in questo bel locale, una taverna all’americana, abbellita con pezzi d’arte popolare e dall’immancabile bancone da bar dove si mescolano cocktails deliziosi. Oltre ottime preparazioni con gli ingredienti di stagione, Michael Anthony si concentra e cerca di ridare dignità e qualità a cose come l’hamburger, la salsiccia affumicata kielbasa o il burro d’arachidi, impiegato in maniera interessante nei dolci. Le verdure colpiscono l’europeo per qualità e gusto, trattate con mano leggera, mentre non mancano pesce e molluschi e molte influenze straniere sparse. Questo si deve all’esperienza in giro per il mondo dello chef, ma siamo in una capitale cosmopolita per eccellenza e tutto prende magicamente senso, anche un piatto di fettuccine che passano a pieni voti la “prova dell’italiano”. E’ un nuovo volto gastronomico: sincretismo e memoria, cultura ambientalista e stile da metropoli che formano un tutto che è delle parti, a pieno titolo statunitense. La bravura di questa generazione di cuochi stupirà tutti: grande tecnica, attenzione maniacale per le materie prime e la storia dei loro luoghi, cosa per niente affatto scontata laggiù, forse un po’ più da noi.

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