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La Repubblica

Il garibaldino che fece l’impresa ... Abbiamo il brunello nel sangue da secoli. I prodromi di questa passione cominciarono con Tullio Canali, proprietario ci ‘Greppo” diònta1cino agli inizi del Settecento, la cui unica figlia Petronilla sposò Luigi Santi, fine indagatore della sua terra noto per un trattato in tre volumi sugli aspetti botanici e geologici del senese. Suo nipote Clemente Santi (1795-1885) impresse la spinta decisiva alla famiglia verso l’attività vitivinicola. Fervido liberale e sostenitore dei principi scientifici che avevano contribuito allo sviluppo dell’agricoltura inglese, riusi a produrre un sangiovese grosso in purezza, “durevole e tale da potersi esporre alla lunga navigazione senza guastarsi”, con tanto di medaglia d’argento ai Comizio agrario del circondano dl Montepulciano. Suo nipote Ferruccio, figlio di Jacopo Biondi e Caterina Santi fu un garibaldino entusiasta e coraggioso: aveva solo diciassette anni, quando combatté a Bezzeca a fianco dello stesso Garibaldi. Tornato a Montalcino dopo l’Unità d’Italia, decise di dedicarsi all’agricoltura nella fattoria di famiglia. Fu lui a codificare l’affinamento di quattro anni in botti di rovere di Slavonia e lanciò il brunello come noi lo conosciamo oggi. Suo figlio Tancredi, cresciuto tra le vigne del Greppo, laureato in Agronomia all’Università di Pisa, creò il brunello di Montalcino riserva 1955, unico italiano inserito da “Wine Spectator” tra i dodici migliori vini del Ventesimo secolo. A lui si devono il disciplinare di produzione del brunello e le ricolmature di altre annate storiche, come il 1925 e il 1945, fatte alla presenza di Mario Soldati e di un giovanissimo Luigi Veronelli. Ho raccolto il testimone di mio padre dopo la laurea in Scienze agrarie all’Università di Perugia non abbandonando le severe e tradizionali pratiche di cantina per consolidare la tipicità e migliorare la qualità. La mia soddisfazione più grande è stata quella di collaborare alla selezione di uno straordinario clone di sangiovese, il Brunello Biondi Santi Vite n.11. Adesso tocca a mio figlio Jacopo che nel Castello di Montepò produce anche vini diversi dal brunello, ma con il medesimo attaccamento alle tradizioni. Dopo di lui i nipoti e poi ancora: mantenendo fermo l’orgoglio di una famiglia che è il presente, il passato e il futuro del brunello, uno dei più grandi vini del mondo.

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