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La Repubblica

Teenager stregati dall’alcol il primo bicchiere a 14 anni ... Indagine Doxa. Gli adulti più moderati e sobri... Moderati. Più attenti alla qualità. Un po’ più sobri. Gli italiani bevono meno ma bevono meglio. Almeno gli adulti, perché scendendo d’età no, le cose si complicano, l’alcol tra i giovanissimi è sempre più diffuso, e il bere “da sballo” è una moda che non passa. E poi ci sono le donne: bevono assai meno dei maschi, eppure i loro consumi sono in aumento, in particolare tra le under venti, con un fenomeno ancora tutto da raccontare e da capire. E una geografia in chiaroscuro quella che emerge dalla sesta indagine Doxa su “Gli italiani e l’alcol” condotta in collaborazione con l’Osservatorio Permanente sui Giovani e Alcol. Un’inchiesta a tutto campo su un campione di oltre duemila persone di ogni fascia d’età, a partire dai 13 anni, e con particolare attenzione ai teenager, quella parte di mondo ancora fragile e a rischio. E dai risultati emerge che globalmente nel nostro paese si beve di meno, esiste anzi una vera e propria fetta di “astemi” (il 10% della popolazione maschile e il 20% di quella femminile), ossia un italiano su cinque che non tocca mal una goccia né di vino, né di birra, né di liquori. Il vino però resta ben saldo in testa alle classifiche delle bevande alcoli- che scelte dagli italiani, che continuano (per fortuna) ad utilizzarlo nei pasti nell’84% dei casi. Anche se la vera rivoluzione del bere è rappresentato dall’ascesa, anno dopo anno più forte, della birra, che conquista “usi e costumi” della vita made in ltaly. Un consumo responsabile dunque, ma accanto al quale aumenta, anche, la quota dei comportamenti a rischio. E in particolare, come scrive la ricerca, del fenomeno del “Binge drinking”, espressione ormai nota che vuole dire bere fino a stordirsi, ossia buttare giù almeno cinque bicchieri in due ore fuori dai pasti. In particolare il 20,4% dei giovani (13-24 anni) intervistati ha ammesso di aver fatto questa esperienza, contro l’8,6% delle ragazze. Un fenomeno in aumento se si pensa che nel 2005 il dato era del 14,6% peri maschi e del 6,1% per le giovanissime. Da segnalare però, equi sta il ritratto in chiaroscuro, con aspetti positivi e negativi che si intrecciano, che secondo questa ricerca il primo contatto con l’alcol avviene ancora in famiglia (54% dei casi) e intorno ai quattordici anni, mentre sarebbero davvero rare le esperienze prima dei tredici anni. Una modalità, spiegano i ricercatori “quasi impensabile nei contesti culturali dei paesi nordici”, dai quali abbiamo invece importato il Binge drinking. “ vero c’è una leggera diminuzione di consumatori, ma cresce il numero degli alcoldipendenti”, commenta Emanuele Scafato, che dirige l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità. “Oggi in Italia ci sono 9 milioni di persone che hanno o che potrebbero sviluppare problemi di alcol e anche tra gli adulti il rischio è tornato a crescere. Il punto è fare informazione corretta, spiegare che l’abuso giovanile può portare all’alcolismo, far capire che bere è una responsabilità. Il punto però è vigilare sulla pubblicità, che spesso punta ai giovanissimi dando alla birra, ai superalcolici, quella patente di innocuità, di spensieratezza, che è davvero un messaggio pericoloso. Così come non basta impedire la somministrazione di alcol nei barai più giovani, bisognerebbe impedirne anche la vendita nei supermercati. E poi diffondere delle regole semplici e fondamentali, ossia che si deve bere, sempre, durante i pasti, che non ci si deve mettere alla guida dopo aver bevuto, e mai e poi mai si dovrebbe toccare l’alcol prima dei l6 anni. Poche avvertenze che però possono salvare una vita”.

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