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La Repubblica

Vinitaly ... La piccola rivoluzione delle bottiglie biologiche... Domani a Verona comincia la manifestazione che quest’anno scommette su un nuovo tipo di viticoltura Dai gioielli dei piccoli produttori, magari nelle terre sequestrate alla mafia, alla grande quantità di qualità... Buoni, puliti, giusti. Vini pensati secondo i canoni di un’agricoltura finalmente sostenibile, votati alla qualità prima che alla quantità, firmati da terroir e vitigni più che dalle pratiche di cantina. Vigne coltivate nelle terre che un tempo appartenevano alla mafia, strappate alla criminalità e all’abbandono. Bottiglie nuove, emozionanti, figlie della viticoltura della speranza, nata dalle ceneri della guerra dei Balcani. È questa la nuova scommessa dell’edizione numero 45 della fiera del vino più importante del mondo.

C’è stato un tempo in cui per inseguire le produzioni extra-large del nuovo mondo l’imprenditoria vinicola sceglieva uve facili, onnipresenti, ad alta resa enologica, supportate dal lavorìo di agronomi ed enologi per ottimizzare, incrementare, standardizzare. Tre anni fa, un imprevisto sommarsi di accadimenti - la crisi economica, uno scandalo pesante (il vino adulterato) e una scorciatoia illegale (l’aggiunta di uve estranee al disciplinare di produzione per arrotondare le spigolosità del Brunello) - ha obbligato l’intero comparto a ripensarsi.

Così, se dopo gli anni della semiclandestinità oggi prosperano, esterne e contemporanee al Vinitaly, due manifestazioni-bomboniera dedicate alla viticoltura naturale - Villa Favorita a Monticello di Fara, Vicenza, e VinoVinoVino, Area Espositiva La Fabbrica di Cerea, subito fuori Verona - la fiera-madre ha saputo accogliere al suo interno le istanze della nuova agricoltura sostenibile. E una piccola rivoluzione strisciante, fatta di produzioni virtuose in espansione dilagante. Si va dai piccoli gioielli enologici - il Verdicchio di Bucci, il Barolo di Rinaldi, il Marsala di De Bartoli - alle imprese che sanno produrre buone quantità senza sgarrare dai paletti della certificazione biologica - Badia Coltibuono, Barone Pizzini, Loaker - fino alle aziende da svariati milioni di bottiglie “convenzionali”, pronte a ritagliarsi delle enclaves dove avviare progetti di viticoltura al riparo da pesticidi. Il tutto, con il supporto di una miriade di lavoratori stranieri, come testimonia la ricerca realizzata dall’associazione Città del Vino e dal sito-culto Winenews in 16 tra i borghi enologici più importanti d’Italia, dove il lavoro tra vigne e cantine si è tradotto in modelli riusciti di integrazione razziale. E allora, passerella d’obbligo per i vini di “Centopassi”, la cooperativa che fa capo all’associazione Libera Terra di Don Ciotti, e per quelli della Vai Camonica, emblema della viticoltura cosiddetta eroica, perché praticata in zone impervie o climaticamente difficili. Discorso analogo per gli extravergini, ospitati negli adiacenti stand del Sol, il salone dell’olio di qualità, mai come quest’anno ricco di etichette bio.

L’agenda del Vinitaly è fittissima, una sorta di eno-palestra travolgente, da cui uscire - a piedi - un po’ brilli e più colti. Ve ne saranno grati i membri dell’Associazione Sommelier, che hanno accertato tra i clienti la convinzione che il bouquet sia un mazzo di fiori da regalare insieme al vino. Le signore, comunque, ringraziano.

Vinitaly, i numeri 2011

7-11 aprile i giorni della manifestazione

45 le edizioni

4.000 gli espositori

150.000 i visitatori

114 i Paesi rappresentati

Il vino italiano

770.000 le aziende

1,2 milioni gli addetti ai lavori

13,5 miliardi di euro fatturato 2010

3,9 miliardi di euro il valore dell’export

2,5 i miliardi di bottiglie vendute ogni anno nel mondo

Le novità

Istituto Grandi Marchi e AzzeroCo2 lanciano il progetto “Sughereta in Sardegna”: 4.000 nuovi Quercus Suber per salvaguardare la produzione del sughero

La Zecca di Stato ha creato na nuova etichetta in carta filigranata dedicata alle Doc per combattere le contraffazioni

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