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La Repubblica

La rivolta dei paesi cancellati ... Da Barolo a Gallodoro, dal Piemonte alla Sicilia, fiato sospeso per un quarto dei comuni italiani: secondo quanto previsto dalla manovra quelli sotto i mille abitanti dovranno scomparire. Con il loro tesoro di tradizioni, storia e localismi... Forse il borgo farà la fine di un grappolo d’uva, lo vendemmieranno e addio, un colpo di forbice e zac. Il numero magico, che invece magari è malefico, è 728: rappresenta gli abitanti di Barolo, il paese col nome del vino, anche se poi è il vino ad avere preso il nome dal paese per poi portarlo a spasso nel mondo. Chiedete a un ghiottone giapponese, domandate a un mangione svizzero, interrogate un santo bevitore tedesco. Barolo? Tutti avranno le pupille accese, come quando si guarda il bicchiere nel controluce di una candela, dentro il bel fresco di una cantinotta. La scure dell’articolo 16 della manovra sta per abbattersi su un comune piemontese su due: tu sì, tu no, è una tremenda roulette. In Piemonte, i piccoli borghi sono 597 su 1.206, così i sindaci hanno deciso di portare simbolicamente le chiavi del municipio in prefettura. Tenetele voi, qui non servono più. Oppure, hanno pensato di noleggiare un torpedone, uno per cittadina, e così raggiungere Roma per dare voce ai villaggi di Asterix, in una colonna di quasi seicento bus. Li ascolteranno? Chissà. Ma la lezione “no Tav” della Val Susa dovrebbe insegnare che non si scherza con la gente di collina e montagna, con gli abitanti dei paesaggi d’uva e di pietra. “Il nostro paese è un nome che significa storia, geografia, turismo, cultura, ottimo cibo e grandi vini, mica si può cancellare per decreto”. Walter Mazzocchi, come si dice ancora da queste parti, è il primo cittadino di Barolo. Con la sua larga e rassicurante cadenza piemontese, racconta perché a Roma stanno prendendo “ciò per bròca”, cioè lucciole per lanterne. “Il numero degli abitanti non può essere l’unico criterio per accorpare o meno i comuni. A Barolo arrivano persone da ogni angolo del pianeta, abbiamo il Museo del vino nel castello acquistato nel 1970 con una sottoscrizione popolare. Il municipio rappresenta un punto di riferimento, riflette una partecipazione che è civica, non politica, non partitica”. E che alla collettività non costa nulla: “Perché tutti abbiamo rinunciato a indennità e gettoni di presenza: sindaco, assessori e consiglieri. Siamo un comune a costo zero, e come noi quasi tutti i borghi della provincia di Cuneo. Istituire una specie di sindaco podestà sarebbe un grave colpo per l’intero sistema democratico”. La via d’uscita non è l’accorpamento, ma l’unità d’intenti. “Da dieci anni ci siamo consorziati in 14 paesi, creando l’Unione dei comuni della collina di Langa. Questa forma associata ci permette di gestire servizi come il trasporto degli scolari, le mense, la polizia locale, i tributi e la difesa del suolo, senza che nessuno abbia perso la propria identità, né le prerogative amministrative”. Ci sono comuni che rischiano di essere tagliati per poche decine di abitanti, altri che si sentono più tranquilli ma fino a un certo punto, perché in collina si fa in fretta a perdere gente e certezze. A Roddi, 1.500 abitanti, c’è la sede dell’Università dei cani da tartufo: un centro di addestramento che è una miniera d’oro per la gastronomia nazionale. E il Comune ha stabilito, con delibera ufficiale, che Roddi ora diventa “il paese della poesia”. Versi in bacheca di grandi autori, da Leopardi ad Alcmane, accompagnano il turista lungo le mura che salgono al castello. L’iniziativa verrà inaugurata domenica prossima, all’interno di un giorno dedicato interamente alla poesia. “Idee simili sono possibili nei borghi più piccoli”, spiega il sindaco Roberto Giacosa. “Perché il turismo è fatto di tante cose, non è solo stare a tavola. La cultura è un tassello fondamentale della nostra proposta. Chi vuole tagliare i piccoli comuni, non si rende conto che così elimina un tessuto sociale fatto di operosità, volontariato e passione”. Ed è bello salire nel borgo, leggendo sui mattoni l’attacco dell’Infinito, con gli occhi che si perdono oltre il parapetto, e il venticello che fa vibrare ogni lettera stampata sui fogli trasparenti. “Pensiamo che dare valore alla poesia, in questi tempi di prevalenza economica, sia un segno importante”, dice il profesor Giovanni Tesio, presidente del Premio Roddi. La strada che taglia le colline di Pavese e Fenoglio, in un saliscendi da vertigine, lambisce vigne dove tra poco si comincerà a vendemmiare. Prima i moscati, poi gli altri bianchi. È stata una primavera caldissima, quindi le piogge inattese e di nuovo l’aria che bolle e il sole che cuoce: sarà una grande annata anche per i rossi, per i Nebbioli che rappresentano il petrolio di Langa. La realtà della provincia di Cuneo, chiamata Granda (è la terza più estesa d’Italia dopo Bolzano e Foggia, ha quasi 600 mila abitanti, però frazionati in decine e decine di sparuti borghi), racconta un paesaggio di enorme bellezza, ma anche di solitudine. Da qualche anno, grazie al vino è arrivata la ricchezza, ma sempre al prezzo di un lavoro durissimo, “perché la terra è bassa e la schiena si deve piegare”, come dicono i contadini di qui. Non è più la Langa dei disperati, niente più malora ma SlowFood, eppure il segno della precarietà non è poi molto diverso dai tempi di Beppe Fenoglio e dei suoi giorni di fuoco.
“Perché camminiamo sulle uova, e il governo non ci aiuta”. Gianni Galli, giornalista, è il sindaco di Murazzano, Alta Langa, 873 abitanti, dove alle viti si sostituiscono i noccioleti e il frutto più prelibato si chiama, appunto, “nocciola tonda e gentile”: finisce anche dentro la Nutella, ed è detto tutto. Murazzano è inoltre il paese della robiola, da cui il famoso Murazzano Dop, uno dei nove a denominazione di origine protetta del Piemonte. Sono tesori grandi e fragili, succulenti e delicatissimi: basterà un decreto per farli soffrire? “Ha ragione chi dice che Tremonti dovrebbe fare l’assessore in un piccolo comune per qualche settimana, così capirebbe. Qui non facciamo politica, ma cerchiamo di risolvere i problemi. Qui il sindaco si occupa anche di rifiuti e dei buchi nelle strade, fa promozione turistica e organizza gli scuolabus, senza trascurare i lampioni rotti. La gente mi ferma per la via e mi parla di cose pratiche, di questioni che possono sembrare minime e invece sono lo scheletro, l’ossatura di ogni comunità. Perdere il municipio, per un comune come Murazzano, significherebbe sentirsi isolati, senza punti di riferimento. Anche l’accorpamento è un’operazione azzardata, perché ci sono frazioni con poco o niente da spartire, esclusi, magari, i confini. Noi non siamo le zavorre d’Italia, e nessun amministratore pubblico percepisce un soldo. Io, come sindaco ho rinunciato a circa 1.300 euro lordi al mese, e nessun consigliere incassa il gettone di presenza”. A parte che non si tratterebbe di un gettone d’oro da antico telequiz, semmai di un minuscolo rimborso pari all’inaudita cifra di 17 euro a seduta. Sono questi i numeri che rischiano di affossare l’Italia? “Abbiamo calcolato che il costo delle amministrazioni dei piccoli comuni valga meno di 5 milioni di euro all’anno, cioè quanto undici deputati”. Franca Biglio, sindaco di Marsaglia e presidente dell’Associazione piccoli comuni d’Italia, è colei che vuole organizzare il viaggio dei 597 pullman a Roma. E, si badi, non c’è neppure una spinta localista, questo non è il becero leghismo dei “padroni a casa nostra”. Qui, semmai, si chiede che la casa non venga chiusa, e che il paese non faccia la fine di un grappolo a fine estate, dopo i giorni di fuoco che certamente verranno.

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