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La Repubblica

Quel cibo è un patrimonio. Parigi celebra la sua cucina … Alla ricerca del pasto perduto. Tovaglie di lino,zuppiere d’argento, antichi candelabri. La cena è servita. A Versailles il salone del Souper du Roi” nel quale ogni sera, alle ventidue, Luigi XIV pasteggiava con i suoi cortigiani, ha riaperto da pochi mesi. Turbinio di piatti, fiumi di vino, cinque portate almeno, preoccupati silenzi ad ogni primo assaggio. Nella reggia alle porte di Parigi, i visitatori possono immaginare il lungo rituale. Ma la riscoperta dei fasti gastronomici del passato è un segno dei tempi, non ha nulla di casuale. La grande abbuffata sarà oggi. Tutti i francesi si siederanno a tavola per la nuova festa nazionale della Gastronomia, ricorrenza che conta già duemila eventi previsti in ristoranti più o meno noti, istituti culinari, ma anche case private: le adesioni sul sito creato dal governo sono libere e crescono di ora in ora. Persino il ministro della Cultura, Frédéric Mitterrand, si metterà ai fornelli davanti alle telecamere. Una prima assoluta in Europa. “E un ottimo esempio di come bisogna fare la promozione e tutela del patrimonio gastronomico”, commenta Enzo Vizzari, direttore delle guide dell’Espresso. “Magari ci fosse qualcosa di simile anche in Italia”. Vizzari ricorda che il ministro Michela Brambilla aveva annunciato una celebrazione nazionale dei nostri ristoranti. Doveva essere organizzata a fine settembre. “Ma ancora non se ne sa niente. E comunque la festa da sola non basta. In un momento di possibile declino, i francesi sono partiti all’attacco per la difesa dell’intera filiera agroalimentare, in patria e all’estero. L’Italia, invece, non combatte”. E non c’è stata solo l’icona del topo-cuoco Ratatouille a rianimare la passione gastronomica francese. Trasmissioni televisive come “Top Chef’ o “Mastro Chef’ battono ogni record d’ascolto, qualche giorno fa 24m11a persone si sono messe in fila per il casting della nuova edizione. In libreria si trovano manuali di cucina per ogni gusto: oltre quattromila titoli pubblicati nell’ultimo anno. Vengono riscoperte figure come Franois Vatel o Auguste Escoffier, leggendari cuochi. I tanti corsi per gourmet organizzati nella capitale durante i weekend sono esauriti, frequentati da molti uomini e ormai anche da bambini. Ognuno con il suo menù preferito, anche se è sempre più premiata la tradizione e i prodotti locali del “terroir”. “È un elemento essenziale della nostra identità nazionale” spiega Jean-Robert Pitte, ex presidente della Sorbonne, tra quelli che ha convinto l’Unesco a far entrare nel patrimonio immateriale dell’umanità il “pasto gastronomico francese”, definito come “rituale destinato a celebrare i momenti più importanti della vita degli individui e dei gruppi”. Nel paese di Gargantua, non conta più la quantità ma la qualità e la cura dei dettagli. “La nostra cucina - aggiunge Pitte - si può fare con poco, abbiamo formidabili piatti poveri”. Il governo ha già annunciato un pacchetto di misure à la carte. La festa nazionale della gastronomia è solo un primo passo. Si parla di corsi di cucina nelle scuole elementari e dell’apertura di un museo del gusto.
La “gastromania” dei francesi, secondo le Figaro, è il segnale di un nuovo sciovinismo che si ritrova nella cultura e anche in politica. Addio alla cucina etnica e alle contaminazioni del gusto. Persino la “nouvelle cuisine” è stata archiviata. La Francia deve riconquistare posizioni nelle classifiche internazionali. Chef stellati come Pani Bocuse, Alain Ducasse, Guy Savoy e Joèl Robuchon, vengono spesso superati dallo spagnolo Ferran Adrià, dal danese René Redzepi e persino da un inglese Heston Blumenthal. I migliori ristoranti nel mondo non sono più francesi e non si trovano a Parigi, ma a Londra e a Tokyo. Davanti a questa globalizzazione dei sapori, il patriottismo culinario può apparire il tentativo di una restaurazione fuori dal tempo. Ne è convinto il giovane critico gastronomico Luc Dubanchet. “La Festa della Gastronomia e il riconoscimento dell’Unesco serviranno solo a rivitalizzare antichi feudi nazionalistici e a rafforzare la nostra immagine di buongustai arroganti. Siamo ancora convinti di essere depositari di conoscenze uniche: non è più vero”. Dubanchet, trentanove anni, ha fondato una rivista e un festival dal titolo “Omnivore”. La Francia ha perso la sua supremazia gastronomica, sostiene Dubanchet, perché pensava di poter replicare all’infinito glistessipiatti, ignorando cosa accadeva fuori dai confini nazionali. Con il suo mensile, il critico gastronomico promuove invece chef che hanno il coraggio di sperimentare senza sentirsi prigionieri della tradizione. “Il vecchio mondo è crollato. Ormai non siamo più noi francesi che dobbiamo dare lezioni - conclude - dovremmo avere l’umiltà di imparare dagli altri”. Il dibattito è aperto, avvertite il cuoco in cucina.

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