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La Repubblica

Sotto l'albero il fascino della qualità sardine e tartufi nel Louvre del gusto ... Eataly, Torino: lo slogan è “Comprate meno ma comprate bene” ... E se questo fosse il Natale del lanzardo? E se la crisi ci facesse finalmente scoprire il fascino discreto dello zerro, del sugarello e del soace? La tentazione viene, passeggiando in riva al mare di Torino. E una spiaggia ben strana, senza le onde ma con uno stordente profumo (non odore, profumo) di pesce. Succede dentro il paese dei ghiottoni, un supermercato che è anche un ristorante che è anche un gioco di parole: Eataly, cioè mangiare e cioè Italia.
Già, ma non c’era la crisi? E la cinghia non si comincia forse a tirare dalla pancia? “Di questi tempi, la gente mangia meno però mangia meglio, e sta imparando a non sprecare”. Francesco Farinetti, 31 anni, è il figlio del vulcanico Oscar, colui che quando era il padrone di Unieuro fece esclamare “Gianni, sono ottimista!” al poeta Tonino Guerra. Dunque, un tizio capace di tutto o quasi. Il giovane amministratore delegato di Eataly racconta uno scenario non ovvio: “I nostri scontrini sono diventati un po’ più magri, ma sono cresciuti di numero. Il carrello della spesa è un po’ meno pieno, però ne circolano di più. E il Natale 2011 sta andando come il 2010, quindi è un successone”.
Uno stabilimento vecchio stile, in mattoni rossi, l’antico opificio dove Benedetto Carpano inventò il vermouth. Oggi è la sede torinese di Eataly (7 negozi in Italia e altrettanti in Giappone, uno a NewYork,nel 2012 lo sbarco a Roma, alla stazione Ostiense), li mila metri quadrati di cibi, vini, libri, tavoli, cucine, seminari, viaggi, tre milioni e mezzo di visitatori l’anno e40 milioni dieuro di fatturato. Ora hanno inventato una cosa che si chiama Scatola Eatinerari. Contiene, a cifre diverse, viaggi, degustazioni, pernottamenti, pranzi e cene. Insomma, a Natale si può anche regalare una vacanza gastronomica, o una più modesta gita. “Si va comunque dai migliori produttori anche con una trentina di euro, si assaggia e si impara qualcosa”.
Passeggiando tra gli scaffali di questo Louvre del gusto, si fatica a pensare che l’Italia si stia impoverendo, e che la manovra economica manderà tutti al discount. Si fa la coda per una memorabile tagliata di fassone, per un pesce alla griglia (a proposito, il lanzardo è una specie di sardinone, o meglio il cugino povero dello sgombro), per una pizza come dio comanda. E la crisi? “Senza presunzione, la risposta può essere quel cartello là”. Francesco Farinetti indica col dito una specie di totem, un tazebao dove sta scritto: “Compra solo ciò che ti serve, ma compra- lo buono”. Il fatto è che qui dentro si ha come la sensazione che serva proprio tutto, e allora si comprende il senso del Bancomat che troneggia all’ingresso, monito e monitor a un tempo. “Noi, però, pensiamo che un acquisto di qualità e una spesa consapevole siano l’esatto contrario che ficcare qualunque cosa nel carrello”.
I mangioni, quest’anno, regalano vino italiano più che straniero, bollicine comprese (va molto un bianco che si chiama Alta Langa), e pacchi di pasta di Gragnano: si spende relativamente poco e si fa bella figura, sotto l’immancabile foto di Totò con gli spaghetti in mano e la didascalia “Se non è di Gragnano, desisti!”. Oppure, potendo, si può spedire un tartufo allo zio Ignazio. “Lo mettiamo nel barattolo di vetro, dentro la carta scottex, con la fascetta di spiegazioni attorno, e lo spediamo ovunque”, dice Valentina, la venditrice. La pepita in questione, usata a scopo dimostrativo, pesa 35 grammi e costa 147 euro, in tre mesi ne sono state vendute per 600 mila euro. Viceversa, con meno di un deca si va al reparto casalinghi dove si può comprare un berretto da cuoco (euro 5,80) e un mestolo di legno (2,50), un dono scherzoso che farà ugualmente contento lo zio. Gonfiando un p0’ il budget, ci si può spingere fino al grembiule: euro
12,80.
E se il 24 dicembre non decidete cosa mettere in tavola, sappiate che per gli “agnolotti del plìn”, quelli piccolissimi, sarà troppo tardi: meglio prenotarli prima. Così, ti prendono il nome (il numero no, quello è vietatissimo, qui non siamo mica
alla mutua) e alla vigilia di Natale apriranno il pastificio alle 9, un’ora prima del solito, per l’assalto alla diligenza.
La vera scelta al tempo della crisi, però, è regalare una carta prepagata (da spendersi al market, al ristorante oppure al corsi di cucina), o una spesa di prodotti tipici. Due possibilità:
ordinare, comporre e farsi spedire la cesta, oppure comporla da sé, comprando la scatola griffata e poi mettendoci dentro quel che si vuole. “C’è chi acquista un paio di cose da noi e le altre, magari, le prende al supermercato sotto casa, però va bene lo stesso”, rivela il figlio di Farinetti, strizzando l’occhio azzurro. Con queste vacche magre ci si arrangia, con buona pace del bue grasso (di Carrù). Oppure, si ripiega sull’amico lanzardo.

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