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La Repubblica

I Sapori ... A la carte ... I vini degli altri ... giro del mondo in 10 bottiglie ... I numeri dell’import sono ancora piuttosto bassi. Ma ormai la curiosità verso gli altri pianeti dell’enologia si fa sempre più forte anche in un Paese, il nostro, ad alto tasso d’orgoglio vinaiolo. Lo conferma un Vinitaly 2012 particolarmente attento all’estero E che partendo dal Cile arriva in Slovenia ... A qualcuno piace straniero. Nessun razzismo enologico al contrario, per carità: semplicemente la possibilità di bere questo e quello - vini italiani e del mondo - a seconda dei momenti e delle voglie. Una curiosità che non ha mal rischiato di trasformarsi in epidemia, se è vero che a fronte degli oltre quattro miliardi di euro provenienti dall’ export, le importazioni sfiorano appena quota duecentocinquanta milioni. Ma i numeri non ingannino. La curiosità per il vino degli altri si dilata insieme all’espandersi della cultura enologica, ché si traduce in viaggi e assaggi, corsi e libri, abbinamenti gastronomici e nuovi sbocchi professionali. Una tendenza che la prossima edizione del Vinitaly, in programma dal 25 al 28 marzo, certifica nel numero crescente degli espositori esteri presenti, in rappresentanza di oltre venti nazioni.
Certo, la crisi economica ha inciso non poco sulle importazioni, facendo virare le scelte vinicole dei consumatori in chiave autarchica. Sarà che il vino ci appartiene come forse solo l’olio, per una questione di Dna enogastronomico. Non si spiegherebbe altrimenti la facilità con cui continuiamo a comprare alimenti altrettanto importanti e quotidiani come la carne, senza tener minimamente conto della sua provenienza (con percentuali che sfiorano il cinquanta per cento di approvvigionamenti extra Italia). Tradire le nostre vigne è fastidioso: mangiare la bistecca europea, perfino quella extracomunitaria, ci affligge meno che acquistare del vino australiano o sloveno. Almeno nella percezione quotidiana. Perché quando la cena esce dalla routine casalinga e diventa occasione sociale, le cose cambiano, come si scopre scorrendo gli ultimi dati in arrivo dalla Francia. Non conosce soste, infatti, l’incremento delle importazioni di Champagne in Italia: quasi il sette percento in più rispetto all’ultimo anno, per un totale di quasi otto milioni di bottiglie, oltre la metà del valore totale delle importazioni. Bollicine e non solo: dal punto di vista enologico la Francia batte tutti in tema di esportazioni nel nostro Paese, grazie ai suoi super rossi, ai bianchi seducenti e al muffato più famoso del mondo (il Sauternes). Eppure, diventando consumatori adulti, stiamo imparando a cercare il piacere vinario anche lontano dalle sicurezze di Bordeaux e Borgogna. Se negli anni scorsi la curiosità spingeva gli enocultori verso produzioni assai lontane dalla nostra geografia vinicola - California,Australia, Sudamerica - oggi la passione attraversale terre carsiche per dirigersi in terra slovena, dove un mix inusuale di viticoltura d’antan e saperi avanzati ha trasformato le ruvidezze dei vini “naturali” - fermentazioni in anfora, vinificazioni lentissime, niente solforosa aggiunta - in bottiglie di struggente fascinazione, che Gino Veronelli avrebbe amato moltissimo.
Se avete in programma una gita in zona veronese nei giorni del Vinitaly - che non a caso da quest’anno ospita una sezione dedicata ai vini senza chimica - spingetevi a pochi chilometri dal balcone di Giulietta, regalandovi una visita alla manifestazione “Vini veri”, che si svolgerà nello stesso weekend in quel di Cerea. Obbligatorio aggregare all’equipaggio un amico astemio.

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