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La Repubblica

In Georgia, cercando l’anfora perduta ... Dire che la Georgia è un Paese emergente in fatto di vino, perché sta cominciando a riscuotere l’interesse dei mercati, non fa giustizia a una storia millenaria: è il più antico luogo di domesticazione della vite, qui si può dire che il vino sia stato inventato.
La Georgia per anni è stato anche il polmone vinicolo dell’Unione Sovietica, con un’agricoltura ricca e ben remunerata, che poi è diventata industria abbandonando le proprie antiche tradizioni. Una volta che l’Urss si è dissolta, la viticoltura è entrata in crisi, anche per via delle guerre con l’ex madre patria. E la tradizione della vinificazione in anfora (kvevri nella lingua locale) è in via di estinzione. Ora però alcuni vignaioli si stanno opponendo a questo destino, come nelle aree di Kakheti (la zona storica dell’enologia georgiana) e di Imereti. Gli studiosi di ampelografla ci dicono che proprio qui in Georgia sopravvivono ancora una moltitudine incredibile di vitigni autoctoni, dai nomi impronunciabili, e tra questi i più importati sono tra i bianchi il rkatsitelie il mtsvane, tra i rossi sicuramente il saperavi. Le anfore, che qui sono onnipresenti, vengono interrate nel giardino delle case e, per creare un riparo, si costruiscono sopra di queste delle tettoie. Cinque cli questi produttori fanno parte della rete di Terra Madre. Dal 2009 è nato anche il Presidio Slow Food del vino in anfora georgiano, appoggiato dall’associazione italiana Autoctuve. Ma in questi ultimi anni in Georgia si sta assistendo anche a un altro fenomeno curioso: enologi e vignaioli di grande fama, italiani e francesi, stanno contribuendo alla rinascita dell’enologia tradizionale georgiana, e si stanno affermando alcuni viticoltori locali in grado di produrre ottimi vini biodinamici in anfora. Il sapore e il gusto di questi prodotti hanno la forza di risvegliare in noi memorie lontane, probabilmente perdute.

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