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La Repubblica

Bibite tassate, merendine più leggere il governo alla battaglia del junk food ... Al via il piano anti obesità: entro il 2014 meno zuccheri e grassi ... L’Italia tasserà il “junk food”, il cibo spazzatura ritenuto colpevole di obesità e problemi di salute divario tipo in tutto il mondo. Si parte con superalcolici, succhi e bevande gassate, da cui si dovrebbero incassare circa 270 milioni di euro. I soldi saranno investiti per il rinnovamento tecnologico delle strutture sanitarie e per l’educazione alla salute a tavola. Per merendine, patatine, crackers e altro si è per ora decisa una strada diversa. Il ministero alla Salute ha chiesto ai produttori di abbassare entro il 2014 grassi, zuccheri e sodio per rendere questi alimenti più sani. Le tasse arriveranno se non saranno rispettate le disposizioni e sarà un tavolo di esperti e rappresentanti delle aziende, appena insediato, a suggerire quali caratteristiche dovranno avere. La tassa di scopo già decisa riguarda prima di tutto i superalcolici. Uno studio del ministero prevede un prelievo di 50 euro ogni 100 litri, cioè mezzo euro al litro. In questo modo entreranno nelle casse dello stato circa 24 milioni di euro, visto che ogni anno in Italia si bevono 48 milioni di litri di gin, vodka, grappa, whisky eccetera. Poi ci sono le bevande analcoliche zuccherate, che comprendono un gran numero di prodotti, dai succhi di frutta a quelli a base di latte o di the, dalle decine di bevande gassate sul mercato fino ai prodotti arricchiti di vitamine o di sali e ai cosiddetti “energy drink”. Qui il prelievo per litro sarà molto più basso perché il consumo è altissimo: ben 3,5 miliardi di litri ogni anno. La tassa prevista è di 7,16 euro ogni 100 litri, appena 2 centesimi e mezzo per una lattina, e farà incassare allo Stato circa 245 milioni all’anno. Il paese di riferimento per questa tassa è la Francia, dove il consumo di queste bevande è più alto che in Italia. Anche Danimarca e Ungheria hanno adottato provvedimenti simili. Dal ministero della Salute fanno notare come sia particolarmente complicato valutare gli effetti della tassazione sulle abitudini alimentari di questi paesi. I soldi incassati non andranno nel calderone del fondo sanitario ma serviranno per finanziare le tecnologie sanitarie ma anche azioni che promuovano una alimentazione corretta, sia da parte del ministero che delle Regioni. Per quanto riguarda il cibo, il tavolo che deve decidere come muoversi è presieduto da Giuseppe Rotilio, professore di scienze della nutrizione umana a Tor Vergata. “Con i rappresentanti del ministero e dell’Istituto superiore di sanità stiamo iniziando a lavorare in questi giorni - spiega il docente - Dobbiamo trovare un accordo con l’industria per andare verso un miglioramento nutrizionale di certi prodotti. Se restano cose oggettivamente nocive si penserà a delle sanzioni da applicare attraverso lo strumento fiscale”. Al ministero intendono aspettare un paio di anni, cioè il termine dato alle associazioni di categoria per rivedere i parametri riguardo al contenuto di sodio, acidi grassi trans (insaturi) e zuccheri in una serie di alimenti: ce reali da prima colazione, biscotti snack salati, crackers e merendine. Un documento dove sono elencati gli obiettivi da raggiungere entro il 2014 è stato firmato anche dai produttori. Nel titolo si riporta l’obiettivo di “migliorare la qualità nutrizionale e le informazioni in etichetta dei prodotti alimentari per la popolazione infantile”. Si impone ad esempio a chi produce biscotti di portare la media di zuccheri di 33 grammi ogni 100 a 30, oppure a chi produce merendine di lasciare solo tracce di grassi idrogenati contro gli 0,4 grammi ogni 100 presenti adesso. Poi si parla di ridimensionamento delle porzioni (sempre le merendine devono essere da 170 calorie e non da 180 come adesso) e di etichette. Dal 2016 l’etichettatura nutrizionale diventerà obbligatoria e le aziende dovranno fornire tutte le informazioni per 100 grammi e per porzione. Inoltre andrà indicata la percentuale dei consumi di riferimento. Il ministero lavora anche su un altro fronte, quello della comunicazione commerciale riguardante questi alimenti e destinata ai bambini. Deve essere “onesta, veritiera e corretta” e “deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurli in errore, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche nutrizionali e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti”.


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