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La Repubblica

“Quattro aziende su cinque distrutte e 300mila forme di Parmigiano perdute”. Ora l’agricoltura padana è in ginocchio ... “Nel mio magazzino ci sono 32mila forme di Parmigiano Reggiano rovinate a terra. È un disastro, il lavoro di due anni buttato via. Come quando si preparano i soldati per la guerra e poi la guerra arriva e i soldati non ci sono. Ci sarà un buco nel mercato, non possiamo inventarci il formaggio di 24 mesi se non c’ è più”. In mezzo ai danni, alle centinaia di milioni di euro di danni stimati che il terremoto ha provocato ad agricoltura, allevamenti, prodotti dop come il prosciutto di Parma o Modena o al Lambrusco e alle aziende di ortofrutta tra Modena, Ferrara, Mantova e Bologna, Dante Caretti, presidente della “Coop Sant’Angelo” di San Giovanni in Persiceto, 70 anni, guarda costernato dentro il suo magazzino di stagionatura dove prima brillavano in bell’ordine, fino a sette metri in altezza, le forme perfette di formaggio, sulle scaffalature che qui in provincia di Bologna chiamano “scaloni” e a Modena “scalere”. Quell’ordine perfetto e profumato si è accartocciato alle 4.03 di domenica mattina e ora c’è un impasto di tavole, tralicci e forme rovesciate e spezzate. “Ci vorranno venti giorni per tirare tutti quei formaggi fuori e più tempo passa più si ossidano e perdono valore. Ma io non rottamo il mio lavoro. È come quando il portafoglio ti cade per terra e lo devi pur raccogliere”. Con la saggezza Caretti cerca di sconfiggere la malasorte, quella che ha colpito aziende come la Coop Italfrutta di San Felice sul Panaro, dove a una settimana dalla raccolta dei meloni fa i conti con strutture crollate e lesioni alle celle frigorifere, o come l’azienda di pere, mele e cereali di Mirko Tartari a Sant’Agostino nel ferrarese, dove il sisma ha distrutto il tetto del fienile incluso l’impianto fotovoltaico, costato un anno fa 140.000 euro. Perché il terremoto non ha fatto cadere solo torri, vecchi municipi, capannoni industriali e vecchie costruzioni, come l’ex salumificio Bellentani di Finale Emilia “che una volta sfamava tutto il paese”. Il terremoto ha buttato a terra l’agricoltura, gli allevamenti e i caseifici in questo spicchio di pianura padana ancora impaurita dalle scosse a ripetizione. Per rimanere al formaggio che da queste parti è come l’oro, il consorzio del Parmigiano Reggiano ha fatto i primi calcoli: 170mila forme cadute nei caseifici tra Bologna e Modena, l30mila in provincia di Mantova. La perdita corrisponde a quasi il 10 per cento della produzione nazionale di un anno, che è di oltre 3 milioni di forme. Vanno poi aggiunte altre 120-130mila forme di Grana Padano. “Come facciamo a non essere preoccupati? Abbiamo subito un danno di almeno 80 milioni di euro - dice Giuseppe Mai, presidente del Consorzio del marchio Parmigiano Reggiano - il prodotto stagionato serve a ripagare di tutti i costi della trasformazione del latte e viene così a mancare la risorsa principale. Il terremoto è stato destabilizzante, speriamo che le regioni e il governo facciano qualcosa. Questi caseifici, se non vengono aiutati, sono falliti, destinati alla chiusura”. Il formaggio potrà essere trasformato, per esempio fuso, ma con una enorme perdita di valore. La Coldiretti stima un danno di duecento milioni di danni in tutti i settori agricoli e dell’allevamento solo per i propri iscritti, ma ci sono poi le aziende delle altre associazioni di allevatori e agricoltori e le cooperative. Le aziende agricole che hanno denunciato danni sono certamente più di mille nelle quattro province e soltanto nella zona terremotata in provincia di Modena si stima che appena un’azienda su cinque sia rimasta illesa. Maurizio Gardini, presidente di Fedagri che rappresenta il 75 per cento delle Coop agricole, pari a una produzione di 25 miliardi di euro, lancia l’allarme e chiede aiuto al governo: “chiederemo anche la sospensione dei pagamenti dell’Imu. Dei mutui in scadenza, degli oneri previdenziali almeno per il 2012”. Case coloniche, serre, stalle, impianti fotovoltaici, fienili, trattori e centraline di irrigazione, tettoie e animali imprigionati e stressati dalle onde d’urto del terremoto: i danni riguardano un po’ tutto. “Non è possibile quantificare, solo dire che sono danni ingentissimi”, dice Alberto Zinanni vicedirettore della Coldiretti di Modena, che porta a visitare l’allevamento di suini di Gaetano Veronesi, uno che porta avanti da tre generazioni la tradizione di famiglia dei maiali per il Parma e il San Daniele. “Qui facciamo tutta la produzione a ciclo chiuso, dalla fecondazione alla braciola, compresi mangimi fatti in casa e quindi non sarà facile venirne fuori. Tre capannoni su sette sono lesionati o crollati del tutto, dove li metto orai maialini delle trecento scrofe in gestazione?”. Veronesi fa anche un salame dop di Finale, sono soltanto in cinque a farlo qui, e ora guarda l’ammasso di maiali morti e accatastati in mezzo alle rovine di una porcilaia. “In una azienda come questa che produce 6.000 suini, poche decine di capi perduti non cambia nulla, il problema sono le strutture. Se ne manca una, salta tutta la filiera”. Ma nemmeno Veronesi è uno che si arrende: “il lavoro è come una donna, bisogna amarlo. Vedremo chi la vince. Il terremoto mi ha fatto paura, ma il futuro no”. Anche gli agriturismi sono inagibili, come il Santa Maria di Massa Finalese, chiuso per le lesioni al tetto del fienile sotto il quale non si può rischiare di far andare nessun ospite. “Il tetto l’avevo rifatto da pochi anni, ora vanno tirate giù tutte le tegole per risistemare le colonne portanti”. Tutti ora chiedono aiuti. Ammette il vicedirettore di Coldiretti: “dobbiamo ancora studiare l’iter delle procedure, vedere cosa fare. Qui danni del genere in agricoltura non ne abbiamo mai avuti. Era l’unica cosa in cui non avevamo esperienza”.

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