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La Repubblica

Un contadino contro la Francia “Mai insetticidi nel mio vino” ... Non sono un eroe, solo qualcuno che cerca di agire in coscienza”. Emmanuel Giboulot ha la sana umiltà del contadino. Parla con calma al telefono, misura ogni parola. “Questo processo punta a qualcosa che è più grande di me. E’ in gioco la possibilità di un rapporto più autentico con la Terra”. Il vignaiolo della Borgogna è stato accolto lunedì da un’ovazione mentre usciva dal tribunale di Digione. E’ finito sul banco degli imputati perché ha rifiutato di applicare una decreto del prefetto che prescriveva l’uso di un insetticida. Oltre mille persone hanno aspettato Giboulot dopo l’udienza, mentre una petizione che circola online è già stata sottoscritta da mezzo milione di persone. Una storia che ha già superato i confini nazionali. Sono arrivati messaggi di sostegno dal Brasile al Giappone. Un caso simbolico per il nuovo movimento dei vini naturali, senza uso di sostanze chimiche né additivi, che sta conquistando sempre più proseliti. Giboulot è frastornato. “Sono sorpreso dall’interesse che si è creato intorno a me”. Da quasi quarant’anni coltiva dieci ettari tra la còte de Beaune e la haute còte de Nuits secondo i principi dell’agricoltura biodinamica. È stato suo padre Paul ad abbandonare negli anni Settanta il modello intensivo a base di diserbanti e concimi chimici. Una sfida proseguita con convinzione dal figlio Emmanuel e raccontata adesso come una filosofia di vita. “Nel mio piccolo - spiega - la considero una ricerca di verità. Ogni terroir ha un’identità, un equilibrio, che dobbiamo rispettare”. Tutto è cominciato nel giugno scorso quando il prefetto della regione lancia l’allarme su un rischio di epidemia di flavescenza dorata, una malattia delle vite provocata da un insetto, la cicalina. Giboulot non vuole usare l’insetticida prescritto dal decreto. “A mio avviso era un allarme ingiustificato. E soprattutto l’insetticida avrebbe ucciso la presunta cicalina ma anche la flora necessaria per l’equilibrio biodinamico della vite”. Molti altri vignaioli, racconta Giboulot, erano scettici ma si sono adeguati per non incorrere in sanzioni. Alcuni si accontentano di un trattamento blando o addirittura di facciata, solo per accontentare le autorità. Lui, invece, si batte in prima linea, difende la sua scelta in un’assemblea di viticoltori. È così che arriva un controllo nella sua azienda a luglio. In ottobre è convocato dalla polizia che gli notifica la denuncia. Rischia fino a 30mila euro di multa e sei mesi di carcere. Diventa un vignaiolo fuorilegge. Per alcuni è un temerario che mette a repentaglio la salute pubblica, per altri è invece il pioniere di un nuovo approccio ecologico. “Non è stata una scelta fatta a cuor leggero - ricorda - avevo i miei dubbi”. Nel frattempo, però, la mobilitazione cresce. Nell’udienza di lunedì il pubblico ministero ha chiesto solo una multa di mille euro. “Spero in una assoluzione piena - ribatte Giboulot - perché così il mio caso farà giurisprudenza”. I vignaioli “disobbedienti”, che sfidano norme considerate sbagliate, sono sempre di più. “Rivendico il diritto di non avvelenare la terra che ho ereditato da mio padre e che lascerò ai miei figli” spiega ancora Giboulot. Contro il rischio di flavescenza dorata, continua, bastano verifiche puntuali, l’eliminazione di eventuali piante infette e controlli successivi. “Il trattamento preventivo non ha senso”. Negli ultimi giorni, Giboulot è stato contattato da medici e biologi, convinti che sia venuto il momento di dare una svolta rispetto al diktat della chimica nell’agricoltura. “Mi hanno scritto anche molti consumatori che vogliono prodotti sani e semplici”. La sua azienda produce tredici diversi vini, con una media di 38mila bottiglie all’arino. E’ più esposto di altri agli imprevisti della Natura. “La filosofia del vino naturale non è perfetta. Ci scontriamo contro dei limiti, dobbiamo affrontare fallimenti. Ma almeno ci crediamo, lo facciamo con sincerità e con una profonda conoscenza del nostro mestiere”. E la rivincita di un’antica cultura contadina. Giboulot si trova, suo malgrado, portavoce di un nuovo movimento, presente anche in Italia, celebrato nel documentario, “Resistenza Naturale”, appena presentato al Festival di Berlino. “I viticoltori naturali hanno un approccio radicale, voltando le spalle alle regole del mercato e condividendo un rispetto assoluto per la salute della terra e delle persone che ne berranno il frutto”, racconta il regista Jonathan Nossiter, che dieci anni fa aveva firmato il film “Mondovino”, punto di riferimento per una nuova etica nella viticoltura. La resistenza naturale nel mondo del vino ha trovato il suo umile eroe, anche se lui non vuol essere chiamato così.

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