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La Repubblica

Tra i produttori di prosecco in trincea dopo la strage “Non siamo noi i colpevoli” ... Mai
state così verdi, ad agosto, le valli del prosecco. Negli ultimi mesi - raccontano Narciso e Giuseppe Della Colletta, padre e figlio titolari dell’azienda Colvendrà, venti ettari di vigneto che partono dietro la chiesa del paese - abbiamo avuto dal cielo l’acqua che basterebbe per tre anni. Ma adesso il sole deve fare il suo dovere: così fra quattro settimane potremo iniziare la vendemmia”. Si raccoglierà un tesoro, in queste valli. Cinquantasette milioni di bottiglie di prosecco docg dei vigneti di collina e altri 400 milioni di bottiglie doc prodotte in pianura partiranno verso le tavole di mezzo mondo. Adesso non si parla però della nuova annata. Dopo la tragedia del Molinetto della Croda c’è una polemica aspra come l’aceto. “I terreni - dice ad esempio a La Tribuna Paolo Spagna, presidente dell’Ordine dei geologi del Veneto - oggi sono resi più fragili dall’ azione intensiva dell’uomo che, per la coltivazione del pregiato prosecco, interviene massicciamente con sbancamenti, per costruire nuovi impianti. Il pericolo per chi vive in quelle zone diventa una certezza. Giuseppe Della Colletta non vuole entrare in polemica. “Conosciamo tutti i poveri morti. Sabato sarei andato alla festa del Molinetto con i miei figli. Lo sappiamo da sempre, che le nostre terre sono fragili. Guardi, in questo documento del 1756, trovato in parrocchia, si parla proprio della nostra zona e viene chiamata Livina granda”, la frana grande. Io credo, onestamente, che I vigneti non c’entrino proprio, con la piena del Lientra. Fare un vigneto costa tanto e se lo costruisci male e arriva la frana devi spendere altro denaro. E poi ci sono tanti controlli, della Forestale, dei geologi, dei tecnici comunali... La nostra azienda è nata nel 1924, sappiamo che lavorare qui non è facile. La “crosta” del terreno con il sole diventa sabbia e scivola sopra la dura argilla che sta sotto. Sappiamo cosa fare per impedirlo. basta guardare i nostri vigneti. Le frane vere e proprie? Sul Molinetto ne ho viste anche nei boschi”. Giovedì nella chiesa di Pieve di Soligo ci saranno i funerali dei quattro amici morti alla Festa dei omeni. La procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo ed ha messo sotto sequestro il Molinetto e lo spazio della festa. “Il nostro torrente Lierza - precisa subito il sindaco Loredana Collodel - è stato ripulito fino alle fine dell’anno scorso. In procura andrà nei prossimi giorni anche Andrea Zanoni, fino a due mesi fa europarlamentare del Pd. “Andrò a dire che il disastro poteva e doveva essere previsto. Porterò le immagini di boschi rasi al suolo, di sbancamenti fatti con le ruspe. Nei nuovi vigneti il terreno deve restare pulito e l’acqua deve scorrere via subito. È come mettere delle tettoie sul terreno. Le autorità che hanno permesso di tagliare i boschi e mettere le vigne dovevano prevedere il maggior apporto d’acqua nei torrenti. E questo non è stato fatto”. Innocenzo Nardi, presidente del Consorzio del prosecco superiore Valdobbiadene - Conegliano (sulle colline) non accetta le accuse. “Noi facciamo i viticoltori come cent’anni fa. La nostra si può davvero chiamare agricoltura eroica. Si taglia l’erba a mano, si vendemmia a mano. in zone aspre ma buone per il vino. I contadini sono le vere guardie del territorio: per seimila ettari ci sono tremila viticoltori, che senza il prosecco sarebbero andati - come successo negli anni 60 e 70 - nelle fabbriche di Conegliano. I vigneti con impianti industriali sono quelli della pianura, non i nostri. Gli sbancamenti? Nelle nostre colline conosco un solo caso, a Tarzo. È stato fatto con tutte le autorizzazioni. E allora le autorità che hanno dato questi permessi si assumano le loro responsabilità”. Per il governatore della Regione, Luca Zaia, “sarebbe ora di finirla con questa assurda polemica”. “I vigneti non c’entrano nulla con una tragedia che si può spiegare con numeri precisi: in sole due ore, sulla cascata del Molinetto sono passati 500 mila metri cubi d’acqua. Qui il vino lo facciamo da secoli e usando bene il territorio. Nel 1760 il doge di Venezia fece nascere l’Accademia degli Aspiranti per studiare diventò la Regia scuola enologica. C’erano più vigneti cinquant’anni fa che adesso”. In dieci anni, comunque (2003-2012) secondo i dati ufficiali del Consorzio del prosecco docg, la “superficie vitata” (i vigneti) è aumentata del 50 per cento, mentre la produzione è salita del 74,2. “Non credo - racconta Alberto Piccin, comandante della Forestale di Treviso - che cinquant’anni fa i vigneti fossero più numerosi di adesso. C’era senz’altro più superficie coltivata. Il contadino aveva le viti soprattutto per sé, una mucca, il mais, le patate... Ora tutto è cambiato. Anche i boschi. Non ce ne sono più di secolari, con un metro di humus. Ora c’è questo pasticcio di cespugli e rovi, non curato da nessuno. Credo che fra un bosco abbandonato e un vigneto ben curato sia meglio scegliere i filari di vite”.

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