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La Repubblica

Franciacorta. Il vino bio salva la terra … Probabilmente. quando a metà de
gli anni Cinquanta, nelle sale di Palazzo Lana, Guido Berlucchi e Franco Ziliani discutevano per la prima volta della possibilità di produrre un metodo classico in Franciacorta, nessuno dei due immaginava che questo fazzoletto di terra tra il lago d’Iseo e la città di Brescia sarebbe diventato un punto di riferimento internazionale per la produzione divini spumante. La prima bottiglia uscì nel 1961 dalle cantine di Berlucchi portando li nome Pinot di Franciacorta e da il in avanti la crescita in rapida e solida. Oggi con li termine Franciacorta si fa riferimento a un territorio, un metodo di produzione e una denominazione che nel 1967 ha ottenuto la DOC. Con un solo nome si riesce a raccontare in modo semplice l’identità di un luogo che attraverso la produzione del vino è stata in grado salvaguardare il proprio paesaggio da una crescita industriale incontrollata. L’agricoltura in questa terra è stata per decenni il principale motore. Un’agricoltura semplice che rischiava di scomparire e che il vino è stato invece in grado di salvaguardare. Per questo è da accogliere con favore la scelta di un numero sempre maggiore di cantine di investire nell’agricoltura biologica. La strada è stata aperta quasi due decenni fa da Barone Pizzini, prima tra tutte le aziende franciacortine a credere che si potesse produrre vino con un impatto ambientale minore. Oggi, quella che ai tempi e per qualche anno è sembrata a molti una meta difficile da raggiungere è diventata il principale obiettivo di tanti produttori, al punto che non ci sarebbe da stupirsi (e noi auspichiamo che possa essere così) se la Francia- corta tra qualche anno diventasse la prima denominazione a essere coltivata interamente in regime biologico. Ma la qualità raggiunta oggi da questi vini è anche il frutto della mentalità imprenditoriale di chi in queste terre h deciso di scommettere e investire e per farlo si è dato regole molto più severe che altrove. Ceno per il futuro è necessario non diminuire il livello di attenzione, non farsi tentare dalla crescita incontrastata che porta a voler coltivare sempre di più senza tener presente quali sono le zone più o meno vocate, ma sono convinto che questo territorio abbia le carte in regole per fare bene. E sono anche convinto che sempre di più si possa promuovere qui un turismo che faccia scoprire le bellissime cantine - moderne come quella di Ca’ del Bosco o antiche come la splendida casa dei Cavalle- rio il borgo di Villa - i tanti reperti storici (il monastero di S. Pietro in Lamosa da solo vale li viaggio) e i meravigliosi paesaggi che questa terra custodisce e a volte nasconde.

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