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La Repubblica

Quella cantina sembra un museo ... Basta andare almeno una volta nella zona di Bordeaux, una delle culle dell’eccellenza enologica, per rendersene conto: quello tra bellezza architettonica e vino è un matrimonio d’amore. Visitare, in sequenza, gli antichi Chateau, con il loro parchi perfettamente curati, le scalinate in marmo, le torrette ardite, le cupolette in ardesia è un’esperienza unica. Da sommare, ovviamente, al piacere degli assaggi divini straordinari e ai tour, assai istruttivi, nelle cantine sotterranee.
Evidentemente i cugini francesi, fin dalla nascita del vino moderno, nei primi decenni del XVIII secolo, hanno capito che la qualità risalta ancora di più se associata alla bellezza. E che realizzare luoghi di produzione che non siano solo contenitori, ma anche biglietti da visita imponenti, è un modo di valorizzare sia il vino che il suo territorio.
Storicamente anche la Toscana ha sempre avuto un approccio simile. Castelli, abbazie, pie- vi: opere storiche di evocativo fascino, distribuite su tutto il territorio, in molti casi risalenti al Medioevo, sono da sempre state utilizzate per ospitare cantine, produrre vino, accogliere appassionati e degustatori. Ma accanto a questo patrimonio ereditato da un glorioso passato, negli ultimi 20 anni numerosi produttori hanno deciso di proiettarsi sul futuro, affidandosi alle più importanti firme dell’architettura contemporanea. Ora lo scatto definitivo: farle diventare attrattive turistiche a tutto tondo. E così che è nato Toscana Wine Architecture, progetto realizzato dalla Regione con Vetrina Toscana, l’Associazione delle città del vino e la Federazione delle strade del vino. Un circuito di 14 cantine d’autore firmate da archistar e designer da scoprire tappa dopo tappa, dalla Rocca di Frassinello, disegnata da Renzo Piano alla Fattoria delle Ripalte, opera di Tobia Scarpa, dalla Tenuta Il Borro di Elio Lazzerini alla Cantina Antinori dello studio Archea (l’elenco completo, con la mappa del territorio e la scheda delle singole strutture, si trova su www.winearchitecture.it). Un tipo di turismo del vino, quindi, assai diverso da quello dei nostri padri, che la domenica mattina partivano per la gita fuori porta con l’utilitaria carica di damigiane vuote. Strade sterrate e collinette, per arrivare infine nella vecchia cascina dove comprare il vino dal piccolo produttore, trattando sul prezzo davanti a qualche fetta di buon salame. Tutto molto romantico e, per certi versi, insostituibile.
Ora però si punta, oltre che al piacere del vino, anche a un’immersione nella sua cultura, attraverso una visita attenta e curiosa dei luoghi di produzione, innovativi e spesso ispirati alla bio architettura e al rapporto armonico con il paesaggio.
Una lezione, quella del matrimonio virtuoso tra enologia e architettura, imparata negli ultimi anni anche dai nuovi mondi del vino, dalla Napa Valley californiana al Cile (da segnalare, per fare un solo esempio, la bellissima Clos Apalta della Lapostolle).
E, tornando nel Vecchio continente, chi sta molto spingendo su questo versante è la Spagna, che ha chiamato a raccolta grandi firme dell’architettura mondiale, da
Norman Foster che ha disegnato la Bodegas Portia, nella Ribera del Duero, a Santiago Calatrava, che nel 2001 ha firmato la Bodegas Ysios. Mali complesso forse più impressionate è quello del Marques de Riscal, una vera e propria città del vino di 100 mila metri quadrati, con cantina, sale di degustazione, ristoranti. E un hotel, opera di Frank O’ Gehry ,tanto avveniristico da reggere il confronto con un’altra, più famosa, sua creatura il Guggenheim di Bilbao.

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