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La Repubblica

Stella al ristorante o stella in tv … Cracco e il dilemma de lo chef... “Nei piatti di Norbert Niederkofler si gustano sapori, si vedono le montagne, si ascoltano storie. L’incontro con questa cucina è un’indimenticabile esperienza umana. Per gli ispettori Michelin, tre stelle emozionanti”. La motivazione del premio dice tanto, se non tutto, della cucina di Norbert Niederkofler, nuovo cuoco tristellato della guida Michelin 2018. Una nomina attesa e sperata per rimpolpare l’empireo gastronomico italiano, oggi salito a quota nove, ma ancora in debito di riconoscimenti. Solo la notizia di un nuovo tre stelle è riuscita ad arginare l’impatto mediatico per la bocciatura di Carlo Cracco, retrocesso da due a una stella, insieme a un altro storico due stelle milanese, Sadler. In un attimo, la capitale economica si è ritrovata gastronomicamente più povera, anche se resistono le due stelle (abbondanti) di Antonio Guida del Seta, cui si aggiunge Andrea Aprea, neobistellato al Vun. Non ha avuto miglior sorte Torino, ancora orfana di ristoranti bistellati, malgrado il talento splendente e sicuro di Matteo Baronetto del Cambio. Forse togliere le due stelle a Cracco e attribuirle al suo storico souschef era troppo anche per la “Rossa”, malgrado il Masterchef più affascinante e tenebroso sia da tempo più abituato a occupare i set televisivi che la sua cucina. È quasi antropologica, la mutazione subita dai cuochi negli ultimi vent’anni. Professionisti cresciuti dietro ai grembiuli di una generazione diversa, composta da lavoratori dei fornelli molto dediti alla cura dei piatti e poco avvezzi alla socialità (oggi diremmo poco mediatici). L’impatto potente della tv ha cambiato tutto, in termini di popolarità e di compensi. Perché un ristorante di alta gamma in Italia ha costi difficilmente sostenibili. Dietro un piatto apparentemente caro si nasconde un investimento continuo e per certi versi senza ritorno, a meno di integrare gli incassi con emolumenti esterni: consulenze per l’industria alimentare, banchetti, cene nelle magioni dei vip, settimane gastronomiche nei gran di alberghi. E la televisione. Trasformare un cuoco in una star è un percorso che oggi sembra semplice come uno schioccar di dita, ma invece si porta appresso un travaglio tanto più grande quanto più importante è la passione alla base. Certo, nessuno obbliga il cuoco stellato a mollare la cucina al souschef per andare a far bella mostra di sé davanti a una telecamera. Questione di scelte. Mauro Uliassi, due stelle sulla spiaggia di Senigallia, racconta la sua fortuna di cuoco stagionale, “perché d’inverno posso chiudere e fare altro, magari un tour in Asia o in Russia, ma anche pensare i piatti della stagione che verrà. Se stai aperto tutto l’anno, la faccenda si complica. In Italia, solo Massimo Bottura può permettersi di far camminare il ristorante sulle sue gambe. Ma la sua brigata è unica”. Cracco, a lungo tra i migliori talenti italiani, ha provato a fare bene entrambe le cose, dividendosi tra casacca bianca e microfono, ma non gli è riuscito. Qualche collaboratore non all’altezza, il troppo tempo sottratto al mestiere della tavola, ma anche la convinzione sbagliatissima di un automatico “do ut des” che anima molti finanziatori di ristoranti stellati. Stare in bilico è difficilissimo. E alla fine, è la televisione che sceglie per te. Tra una puntata tv e una pubblicità, è arrivato il nuovo locale con Lapo Elkann, e tra qualche settimana ci sarà l’inaugurazione dello spazio fantasmagorico in Galleria, dove ricominciare l’avventura dell’alta cucina. A patto che la fame di stelle non confligga con tutto il “fuori” che sta rubando l’anima degli chef.

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