Un valore nel 2024 stimato in 1,38 miliardi di dollari e che si prevede che per il 2025 toccherà quota 1,46 miliardi di dollari, per poi raggiungere nel 2033 la cifra di 2,27 miliardi di dollari con un Cagr (tasso composto di crescita annuale, ndr) del 5,9% nel periodo di previsione 2025-2033. Quello delle botti per conservare e affinare il vino è uno dei mercati dell’intera industria meno raccontato, ma che sta dando ampi segnali di crescita, come spiega un report di Straits Research, che individua nella ricerca della qualità, sia da parte del produttore che del consumatore, il fattore decisivo. Soprattutto quando si parla di vini super-premium o fine wines.
La crescita, in particolare, è legata allo sviluppo produttivo in Paesi relativamente emergenti per la produzione di vino, come Cina, India, Brasile e Sudafrica.
Ma ci sono, però, anche dei fattori limitanti, in primis il costo: il legno pregiato di quercia, o meglio di rovere, in particolare quello francese o americano, è particolarmente apprezzato per la sua struttura venata e per i propri composti che trasmettono aromi e durevolezza al vino, ricorda il report, ma ha un prezzo molto elevato (tra gli 800 e i 1.500 dollari a botte) a causa della limitata disponibilità, dei lunghi cicli di crescita (tra gli 80 e i 100 anni) e le severe normative in materia di sostenibilità. Inoltre, il processo di produzione delle botti richiede molta manodopera e personale specializzato, tutti elementi che hanno un impatto molto significativo sulle marginalità delle aziende. Il segmento più richiesto è quello da 31 a 59 galloni (111-199 litri).
Essendo la più grande area di produzione, ovviamente, è l’Europa a detenere la quota di mercato maggiore nel settore globale delle botti di vino, rappresentando circa il 46% del fatturato totale, trainato dalla propria tradizione vinicola e da Paesi produttori come Francia, Italia e Spagna. Chi cresce è il Nord America, la cui locomotiva sono gli Stati Uniti, in particolare in California, Oregon e Washington.
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