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LA STORIA DEI BISOL E DEL PROSECCO

Le prime tracce della famiglia Bisol nel cuore della terra del Prosecco si hanno già nel Cinquecento, grazie ad un censimento a scopo fiscale eseguito dai conti Pola, tra i maggiori proprietari della zona. La famiglia Bisol nasce con un orientamento viticolo che diventa poi viticolo-enologico grazie all’avvento di Eliseo, nato nel 1855, che vinificò prima le sue uve e poi, una volta ingranditi gli orizzonti della cantina, cominciò ad intraprendere un piccolo commercio al di fuori della zona di Valdobbiadene utilizzando piccole botti (1875). Questa fiorente attività fu interrotta con la Prima Guerra Mondiale: la linea dell’impero austro-ungarico scorreva proprio in queste zone, e non furono risparmiati né edifici né persone. In tale scenario non solo il vino fu dimenticato a favore di necessità più imminenti, ma anche i vigneti subirono gravi danni. Eliseo Bisol morì nel 1923 lasciando quel che restava al figlio Desiderio, che negli anni Trenta cominciò a piantare nuovi vigneti e a riorganizzare l’azienda, destinando ad ognuno dei suoi quattro figli un settore: Antonio studiò ragioneria, Eliseo enologia, Aurelio si occupò dei vigneti e Claudio della gestione generale dell’azienda. Il Prosecco non riuscì in quel periodo a varcare i confini della zona circostante, anche perché ci fu di mezzo un’altra guerra ed un’Italia che con fatica cominciava a ricostruirsi materialmente ed economicamente. Negli anni Settanta la produzione vinicola aveva ripreso vigore, così che il Prosecco riuscì finalmente ad allargare la propria fama arrivando ad una produzione di 5 milioni di bottiglie.

La Doc e il disciplinare
Il Prosecco ottenne la Doc nel 1969, e il disciplinare delimitò la zona di produzione tra Valdobbiadene e Conegliano con un’estensione di 3700 ettari, suddivisi tra 3200 famiglie proprietarie: corrisponde ad una proprietà media di 1,2 ettari. La produzione totale è attualmente di 35 milioni di bottiglie (nello Champagne ne vengono prodotte circa 260 milioni).
I terreni facenti parte della Doc devono essere tutti collinari: l’altitudine si colloca tra i 200 ed i 300 metri sul livello del mare, escludendo il fondovalle. Prosecco è il nome proprio dell’uva riconosciuta come vitigno autoctono ed aromatico. Ad incidere sulle caratteristiche olfattive ed organolettiche dell’uva prodotta nella zona del Prosecco ci sono il sole, l’escursione termica, la ventilazione ma anche la natura del terreno. A questo proposito ne troviamo tre tipi: sabbioso in zona Valdobbiadene (dona profumi al vino), argilloso in zona bassa, tra Valdobbiadene e Farra di Soligo (dona acidità e sapore, inteso come alcool, zucchero e glicerina) e terreno rosso in zona S. Maria di Feletto, compresa tra Conegliano e Pieve di Soligo (ricco di ferro e ideale per i vini rossi). La vendemmia inizia verso il 20 settembre per il Prosecco e si protrae circa fino a metà ottobre.

La filosofia produttiva Bisol
L’azienda Bisol, pur dovendo far fronte ad una richiesta sempre maggiore, ha sempre puntato sulla qualità, anche grazie alla possibilità di sperimentare sui propri vigneti. I possedimenti dell’azienda hanno un’estensione di 50 ettari dislocati su 16 poderi, distanti fino a 40 km all’interno della Doc per effetto del fitto frazionamento. E’ questo il grande valore aggiunto della Bisol che, in una realtà in cui esistono specializzazioni nelle varie fasi della filiera produttiva (viticoltore, cantina sociale, spumantista), è tra le pochissime aziende che integrano tutta la filiera, governando la qualità dalla scelta del terreno fino all’imbottigliamento. L’età media dei vigneti dell’azienda è di 30 anni. Un occhio di riguardo meritano i tre ettari posseduti nella zona del Cartizze dai tre fratelli Bisol rimasti (Claudio morì nel 1973). Il Cartizze è una microzona all’interno della terra del Prosecco che si snoda su una cresta collinare molto ripida alta 300 metri: gode di un’esposizione meravigliosa e di una ventilazione continua, che unitamente al terreno di natura sabbiosa ne fanno una zona d’altissimo valore, che si estende per 106 ettari divisi per 140 proprietari. Altra azione importante per la buona qualità del risultato è impedire che la vite abbia una sovrapproduzione di grappoli. L’azienda Bisol esegue il diradamento a luglio lasciando massimo 3 kg d’uva per vite, ovvero 10 grappoli dato che ognuno pesa circa 300 grammi. La produzione è di circa 90 quintali per ettaro (quando il Disciplinare ne prevede 120 più un ulteriore 20 per cento) ed in annate particolari ancora meno, per conferire un’altissima qualità.

Il metodo di vinificazione e spumantizzazione di Bisol
Prima di andare a chiarire la differenza tra Metodo Charmat e Metodo Classico è opportuno precisare cosa si intende per spumante: come dice la parola stessa lo spumante è un vino che ha subito un processo di presa di spuma, e che a 20° C di temperatura deve avere un minimo di 3,5 atmosfere di pressione. I metodi per la produzione dello spumante sono essenzialmente due: metodo charmat (o Martinotti), che prevede una fermentazione in grandi recipienti, e metodo classico, che consiste nella fermentazione in bottiglia. Ovviamente ci sono delle componenti comuni fra i due sistemi, che partono ambedue da una base spumante, cioè da un vino con l’acidità fissa molto elevata.

Metodo Charmat
L’esperienza di Bisol, affinata negli anni, prevede di ottenere il vino base spumante adottando le seguenti modalità: in vendemmia l’uva viene raccolta passando almeno 3 volte nei vigneti, in modo da raccoglierla al perfetto stadio di maturazione. Poi i grappoli vengono posti in piccole cassette dalla capacità media di 18 chili, in maniera che non si rompa l’acino. L’uva viene quindi messa nella pigiadiraspatrice così da avere solamente la rottura della buccia e la separazione del raspo. Quindi attraverso una tubazione d’acciaio gli acini vengono gradatamente portati ad una temperatura di 8° C e trasportati in serbatoi di acciaio: si dà inizio alla criomacerazione (o macerazione a freddo) che consiste nel mantenere la temperatura di fermentazione a 8° C per 14 ore con lo scopo di estrarre dalla buccia i terpeni, ossia di esaltare quelle che sono le caratteristiche aromatiche del vitigno. Il composto viene quindi trasferito nella pressa pneumatica e si procede con tre differenti pressature. Va sottolineato che da Bisol si utilizzano presse Wilmess, dette le “Ferrari” della pressatura, in quanto garantiscono una straordinaria omogeneità di pressione. Ciò consente di separare i differenti tipi di mosto contenuti nell’acino: quello centrale, quello mediano e quello vicino alla buccia, ognuno con importanti differenze qualitative. Il mosto deve poi essere filtrato dalla gran parte dei depositi. Di solito per questa operazione si utilizzano filtri sotto vuoto che separano rapidamente il limpido. Per evitare l’effetto violento di questi apparecchi il mosto ottenuto viene posto in serbatoi di acciaio a temperature di 10° e nel giro di 24-36 ore, solo per effetto della decantazione naturale, si ottiene circa l’85% di mosto pulito dalla feccia, mentre il rimanente 15% viene ottenuto dalla successiva filtrazione. A questo punto inizia il periodo di fermentazione: la Bisol utilizza quattro diversi tipi di prima fermentazione.
Il primo avviene in recipienti di acciaio con travasi settimanali e si conclude mediamente nel giro di 20 giorni. Il secondo tipo di fermentazione avviene in barriques, i travasi non sono settimanali ma quindicinali e si interviene con il “batonnage” ogni 7 giorni per tenere in sospensione i lieviti. Il terzo tipo di fermentazione avviene in recipienti di acciaio, senza travasi ma con continuo “batonnage” sulla vasca. Il quarto tipo di fermentazione avviene in recipienti di acciaio con travasi frequenti, ogni 3 giorni, e graduale riduzione della temperatura. Al termine delle fermentazioni, dopo un breve affinamento, verso la metà di gennaio si procede alla preparazione delle cuvée. Dai 16 poderi di Bisol si ottengono oltre 50 Prosecchi diversi tra loro, alcuni spiccano per profumi particolari, altri per ricca sapidità, altri ancora per acidità sostenute. E’ quindi importante il lavoro di selezione e miscela dei vari tipi al fine di ottenere il perfetto equilibrio organolettico. Questa fase coinvolge tutta la famiglia Bisol insieme a tecnici di fiducia interni ed esterni e dura 10 giorni. Al termine di questo fondamentale lavoro i 50 recipienti che contenevano i vari Prosecchi vengono miscelati secondo le indicazioni scaturite dall’analisi organolettica. Sono quindi pronte le basi spumante. Come accennato prima, metodo Charmat significa produrre una presa di spuma in grandi recipienti mediante rifermentazione. Il procedimento è il seguente: il vino base spumante viene posto in grandi recipienti chiamati autoclavi che sono dei serbatoi in acciaio a pressione con intercapedine termocondizionante. Al vino base spumante vengono aggiunti dei lieviti che sono stati selezionati da quelli autoctoni, che fungono da agenti di fermentazione dello zucchero. Ad una temperatura media di 13° C inizia la seconda fermentazione, cioè lo sviluppo dello zucchero in alcool e anidride carbonica. Il periodo di rifermentazione in genere si attesta sui 30 giorni. La fermentazione avviene in un serbatoio in acciaio ermeticamente chiuso: pertanto l’anidride carbonica che si sviluppa naturalmente dalla fermentazione rimane conglobata all’interno della massa di vino dando origine allo spumante. A questo punto si procede all’ultima filtrazione, ed il prodotto (dopo un’ulteriore sosta di 10 giorni a freddo a -2° C) è pronto per essere imbottigliato. Il vantaggio qualitativo di questo metodo di spumantizzazione è evidente per i vitigni che hanno importanti espressioni di fruttato e floreale come il Prosecco. L’alternativa, il metodo classico, non sarebbe adatta per l’effetto assorbente dei lieviti rispetto ai profumi varietali.

Metodo classico
In Italia sono state elette zone precise per la produzione di uve basi per il metodo classico: si trovano esclusivamente nelle regioni del nord e prevedono nella Doc la produzione delle varietà pinot bianco, chardonnay e pinot nero. Anche nel metodo classico si ha una rifermentazione che però avviene in bottiglia. Il principio è sostanzialmente lo stesso del metodo charmat anche se i tempi di lavorazione sono completamente diversi: tre anni! Infatti in questo caso i lieviti rappresentano oltre ad un agente di trasformazione da vino a spumante, un elemento di primaria importanza nel gusto dello spumante, in quanto nel lungo periodo di permanenza cedono i propri aromi. Al vino base di Bisol, costituito dal 40% di pinot bianco, dal 20% di pinot nero e dal 40% di chardonnay vengono aggiunti lieviti rigorosamente selezionati e dello zucchero: la bottiglia viene tappata con “bidule” e tappo a corona e posta in cataste dove comincerà una lentissima rifermentazione ad una temperatura di 12°C. Ogni 12 mesi le cataste di bottiglie vengono smontate e le bottiglie sottoposte ad un energico scuotimento e riposizionate in catasta. Dopo circa 36 mesi le bottiglie sono messe sulle “pupitres”, tavole forate in maniera da potervi posizionare le bottiglie capovolte. Sulle “pupitres”, attraverso opportuni movimenti (le bottiglie vengono girate mediamente di 1/8 per volta), nel giro di 40 giorni si può ottenere che il lievito vada a depositarsi nel tappo “bidule”. A questo punto le bottiglie possono essere sottoposte al “degorgement” o sboccatura: le bottiglie vengono messe capovolte in un macchinario contenente del “glicole” (liquido a -20°C) in grado di congelare il vino contenuto nel collo della bottiglia nel giro di qualche minuto. Alla bottiglia, tenuta circa a 45° di inclinazione, viene poi tolto il tappo a corona e per effetto della pressione interna (6 atmosfere) la parte ghiacciata contenente la feccia viene automaticamente espulsa. A questo punto si può procedere all’aggiunta del “liqueur d’expedition”, composto che Bisol ottiene da una miscela di straordinari vini maturati per anni in barrique e zucchero. La “liqueur d’expedition” serve ad imprimere allo spumante un gusto particolare, e ogni azienda ha una propria ricetta mantenuta segreta. La “liqueur d’expedition" viene aggiunta alla Riserva, Rosé e Cuvée, ma non al Pas Dosé che, come dice la parola, vuol dire senza dosaggio, cioè nature. A questo punto la bottiglia viene tappata con tappo a sughero e posta ad affinarsi per minimo un mese.

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