Tra chi mantiene la bella tradizione dal sapore d’antan della “Festa della Vendemmia”, c’è Masi Agricola, la celebre griffe dell’Amarone, che la ripropone in tempo di raccolta delle uve nei vigneti della Valpolicella, per apprenderne la tradizione e quella di pratiche come l’appassimento. E lo fa offrendo la possibilità agli eno-appassionati di partecipare attivamente alla vendemmia tra i filari delle Possessioni Serego Alighieri (25 settembre), la storica Tenuta da quasi 700 anni di proprietà dei Conti Serego Alighieri, i discendenti di Dante, primo vero grande educatore di ogni generazione, al quale niente era sconosciuto, neppure il vino. “Guarda il calor del sol che si fa vino, giunto a l’omor che della vite cola”, sono i versi universalmente più belli dedicati al vino, con i quali il Sommo Poeta, attraverso la trasformazione dell’uva in vino, evoca nella “Divina Commedia” l’anima umana che s’infonde nello spirito della natura: il mistero stesso della vita.
Una tradizione, quella della “Festa della Vendemmia” molto diffusa all’epoca di Dante, quando nel Medioevo era uno dei momenti più attesi, conviviali ed allegri del calendario agricolo. Un “rito” quasi sacrale, condiviso da tutta la comunità che ruotava attorno alla produzione, e che rispecchia la stessa natura del vino, come ricorda il “padre” della lingua italiana nel capolavoro della storia della letteratura mondiale.
La “Festa della Vendemmia” alle Possessioni Serego Alighieri, che fa parte del progetto di ospitalità e cultura “Masi Wine Experience” con cui l’azienda apre al pubblico le porte delle proprie sedi in Valpolicella e degli altri luoghi di accoglienza, è l’occasione per un viaggio nella storia del vino e d’Italia, nel mentre che si raccolgono le uve con la guida del Gruppo Tecnico Masi. Ad evocarla è la Tenuta, tra le cantine più antiche d’Italia, nel cuore della Valpolicella Classica, a Gargagnago a Sant’Ambrogio di Valpolicella, a pochi passi da Verona e il Lago di Garda, la cui vicenda ha inizio a metà del Trecento, quando Pietro Alighieri, figlio di Dante, dopo aver seguito il padre in esilio e dopo la morte del Poeta, decide di fermarsi a Verona e più tardi di acquistare terreni in Valpolicella. Poco tempo dopo, vi acquisterà anche quella che all’epoca era una semplice casa, nello stesso luogo dove ancora oggi si trova la Tenuta. Pietro, di professione magistrato, aveva assunto una posizione sociale abbastanza importante, tant’è che grazie a questo e per matrimonio, era riuscito ad investire in terreni e case in Valpolicella senza più tornare a Firenze. Da fiorentina, la famiglia Alighieri divenne a tutti gli effetti veronese, rimanendo a Verona per altri tre secoli fino alla metà del Cinquecento, quando l’ultimo maschio Alighieri, il canonico Francesco, che per l’abito che indossava non avrebbe potuto avere discendenti diretti maschi, decise di lasciare i suoi averi, tra cui anche queste proprietà, al pronipote, figlio di Ginevra Alighieri, che nel frattempo aveva sposato il Conte Marcantonio della grossa famiglia di proprietari terrieri Serego: Pieralvise, il primo, seguendo l’indicazione del prozio, ad unire il cognome paterno a quello materno, con la fusione delle due famiglie che dette vita ad una grande proprietà in Valpolicella, da sempre vocata alla viticoltura.
Oggi gli ettari vitati sono 45, su circa 100 tra boschi ed oliveti, per una produzione attorno alle 700-800.000 bottiglie, per l’80% destinate all’export, con Cru come l’Amarone Vaio Armaron, nella Top 100 2015 dei migliori vini al mondo di “Wine Spectator” e prima etichetta veneta ad entrare tra le prime 10 posizioni, accanto al Recioto Casal Dei Ronchi e il Valpolicella Classico Superiore MontePiazzo. Etichette che racchiudono in bottiglia una di quelle storie che solo il vino sa raccontare, e che ora, eccezionalmente, grazie alla magia che la vendemmia porta con sé, sarà possibile vivere in prima persona.
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