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“La vita è troppo corta per bere vini cattivi”: Luigi Veronelli domani sarà celebrato in tutta Italia a dieci anni dalla scomparsa. E, a Milano, il Seminario Permanente Luigi Veronelli presenterà il libro “Pastiche - Cultura materiale alla Veronelli”

“La vita è troppo corta per bere vini cattivi” è forse una delle frasi più celebri di Luigi Veronelli, il precursore della critica enogastronomica, che domani sarà celebrato in tutta Italia, a partire dalla sua Milano, a dieci anni dalla scomparsa. Nei suoi 78 anni di vita all’insegna del libero pensiero, è stato un enologo, cuoco, bevitore di vino, giornalista e scrittore e, in un Paese che stava voltando le spalle al mondo rurale per inseguire il boom industriale, ha caparbiamente difeso le qualità identitarie della buona tavola con i suoi artigiani e contadini.
“Se mai è esistito qualcosa di più libero del gusto, era certo il pensiero di Luigi Veronelli: correva anarchico tra i filari delle vigne, con veemenza si tuffava in parole e progetti arditi, e ha frequentato i centri sociali, in modo particolare negli ultimi anni di vita”, come sottolinea “Pastiche - Cultura materiale alla Veronelli”, il libro che il Seminario Permanente Luigi Veronelli presenterà, proprio domani, al Leoncavallo di Milano (www.leoncavallo.org).
“Per la mia generazione - ha detto Marco Sabellico, curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso - è un mito, ci siamo tutti formati sui suoi libri, come Aristippo di Cirene era un filosofo delle percezioni sensoriali. Veronelli è sempre stato avanti coi tempi, quando bevevamo vini industriali lui beveva il vino del contadino, nella Milano da bere lui parlava di sostenibilità e le Deco, le denominazioni comunali”.

Focus - “Pastiche - Cultura materiale alla Veronelli”
“Pastiche - Cultura materiale alla Veronelli” è un libro che sa di vino e sa di terra, che racconta l’Italia, i suoi artigiani e le sue vigne. Una pubblicazione fortemente voluta dal Seminario Permanente Luigi Veronelli per rammentare colui che più d’ogni altro merita d’essere definito “critico” del vino, del cibo e delle relazioni sociali. Filosofo che assaggia, contadino che scrive, giornalista rigoroso che - con occhi, naso e bocca - ha fatto d’ogni bicchiere un racconto di luoghi e di persone.
Sono pagine estreme e sorprendenti, in cui autori diversissimi inseguono, connettono, esplodono in mille percorsi le idee di Luigi Veronelli, a ribadire, oggi, la profonda validità del suo messaggio. Pagine firmate da Gianni Mura, Andrea Bonini, Burton Anderson, Gianfranco Marrone, Joško Gravner, Ilaria Bussoni. E poi, ancora, Gigi Brozzoni, Gianni Emilio Simonetti, Marco Noferi, Ciro Tarantino, Gianni Capovilla, Luigi Moio, Joško Sirk, Angelo Gaja, La Terra Trema, J. A. Gonzalez Sainz e Marco Magnoli. Una miscela di sensorialità, sensibilità e pensieri cui concorrono, graficamente, la fotografa berlinese Annette Fischer, l’artista Sandro Fabbri e lo studio grafico Granit - Communication, design, oltre a una splendida selezione di foto d’archivio di Luigi Ghirri e Mario Giacomelli.
“Il nostro intento non è tanto celebrativo o commemorativo: vogliamo piuttosto “trapiantare” nell’attualità le idee coraggiose e l’approccio rigoroso con cui Luigi Veronelli dagli anni Cinquanta ha provocato, spronato e accompagnato l’agricoltura e la cucina d’Italia. Egli - spiega Andrea Bonini, direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli - non è statosoltanto colui che ha saputo comunicare la sapienza racchiusa in un vino o in un alimento, ma è stato per quasi mezzo secolo un protagonista della cultura italiana, sostenendo in prima persona valori sociali e politici precisi. Non essendo disposti a lasciar tumulare nessuna delle sue idee, nemmeno le più scomode, abbiamo scelto di realizzare questo lavoro plurale, perché la memoria resti sempre fertile e antimonumentale”.

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