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EMERGENZA

L’agricoltura italiane devastata da grandinate e caldo: Coldiretti chiede lo stato di calamità

Al Nord colpiti ortaggi, frutteti e vigneti. Al Sud i picchi di calore bruciano frutta e verdura e tagliano la produzione di uova, latte e miele
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I danni della grandine sui vigneti

Abbiamo chiesto al Governo il riconoscimento dello stato di calamità per l’agricoltura devastata dal maltempo che ha colpito il nord Italia”: esordisce così il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, che ha scritto una lettera al Governo per sottolineare la necessità di una immediata moratoria sugli impegni economico finanziari e la sospensione degli oneri contributi. Il Nord Italia è stato segnato da ben 44 tempeste di vento e grandine in un solo giorno, che hanno colpito città e campagne con danni incalcolabili, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Eswd - European sever weather database, dalla quale si evidenzia che l’ondata di maltempo ha colpito dal Piemonte al Veneto fino al Friuli con il concentrarsi di numerosi eventi estremi in particolare in Lombardia.

Le forti grandinate con vere e proprie palle di ghiaccio hanno colpito irrimediabilmente - sottolinea la Coldiretti - le produzioni di grano, ortaggi, barbabietole, frutta e vigneti ma anche alberi divelti, serre distrutte e strutture agricole con tetti rovinati. La grandine è l’evento climatico avverso più temuto dall’agricoltura in questa fase stagionale per i danni irreversibili che provoca alle coltivazioni in campo che lo scorso anno hanno raggiunto la cifra record di oltre mezzo miliardo di euro solo nelle aziende assicurate secondo l’Asnacodi. I chicchi - spiega la Coldiretti - colpiscono i frutti provocandone la caduta o danneggiandoli in modo tale da impedirne la crescita o lasciando deformazioni tali da renderli non adatti alla commercializzazione. Un evento climatico avverso che - precisa la Coldiretti - si ripete sempre con maggiore frequenza ma a cambiare è anche la dimensione dei chicchi che risulta essere aumentata considerevolmente negli ultimi anni con la caduta di veri e propri blocchi di ghiaccio anche più grandi di una palla da tennis.

A preoccupare le campagne è anche l’insopportabile ondata di caldo con il bollino rosso in 16 città del Centro e del Sud dove sta letteralmente “bruciando” la frutta e verdura nei campi con ustioni che provocano la perdita del raccolto che in alcune aziende arrivano al 90%, dai peperoni ai meloni, dalle angurie all’uva, dai pomodori alle melanzane. Le scottature da caldo - spiega la Coldiretti - danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili. Si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere, per cercare di salvare almeno parte della produzione.

Il caldo africano di questi giorni taglia anche le produzioni di uova, latte e miele: se nei pollai si registra un netto calo della produzione di uova, le api stremate dal caldo hanno smesso di volare e non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline con un calo del raccolto di miele stimato pari del 70% sul 2022. Con il termometro sopra i 40 gradi ci sono forti ripercussioni con la produzione di latte scesa di oltre il 10% per le mucche nelle stalle mentre le pecore - sottolinea la Coldiretti - sono costrette a migrare in altura per cercare pascoli verdi. Nelle stalle sono in funzione a pieno ritmo ventilatori e doccette refrigeranti.

L’ondata di calore africana - sottolinea la Coldiretti - è la punta dell’iceberg delle anomalie di questo pazzo 2023, che è stato segnato, fino ad ora, prima da una grave siccità che ha compromesso le coltivazioni in campo e poi per alcuni mesi dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, precipitazioni abbondanti e basse temperature ed infine dal caldo torrido di luglio con danni all’agricoltura e alle infrastrutture rurali che supereranno i 6 miliardi del 2022, dei quali oltre 1 miliardo solo per l’alluvione in Romagna.

Un altro grave effetto degli eccessi climatici, spesso sottostimato, è la difficoltà di lavorare in condizioni umanamente accettabile. Un aspetto finito al centro del tavolo convocato dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone, che in tal senso ha annunciato una norma ad hoc anche per l’utilizzo ad ore della Cisoa, la cigo per gli operai agricoli a tempo indeterminato ed anche la deroga al contatore dei 90 giorni annui massimo di utilizzo. “È apprezzabile l’impegno ad affrontare tempestivamente la necessità di garantire condizioni di lavoro compatibili con le alte temperature”, commenta la Coldiretti, secondo cui la Cisoa non è comunque lo strumento che risolve il problema, perché non è sempre possibile fermare la produzione nelle campagne dove occorre garantire le forniture alimentari alla popolazione, salvare i raccolti di prodotti deperibili per combattere il caro prezzi e tutelare la salute dei lavoratori.

Si stima che per effettuare le operazioni agronomiche in campagna siano occupate in questo periodo secondo la Coldiretti quasi mezzo milione di persone dalla raccolta della frutta a quella della verdura mentre c’è la vendemmia alle porte. Per garantire la sicurezza dei lavoratori - continua la Coldiretti - vanno sostenuti gli accordi tra le parti sociali per adottare strategie ad-hoc, dall’utilizzo dei dispositivi di protezione allo stop alla raccolta nelle ore più calde fino al lavoro notturno. Una esperienza - conclude Coldiretti - adottata in molte realtà come Verona dove allo scopo di contenere il rischio del colpo di calore il datore di lavoro potrà prevedere, in deroga al contratto collettivo, una diversa distribuzione dell’orario di lavoro giornaliero anticipando (prima delle ore 6) e posticipando (dopo le ore 22) l’inizio ed il termine della prestazione lavorativa considerando l’intero orario come ordinario.

Focus - in Piemonte i tecnici Confagricoltura al lavoro per la stima dei danni
Ancora in corso in Piemonte la stima dei danni accorsi alle colture e alle aziende agricole dopo il violento temporale - con grandine e forte vento - verificatosi in diverse zone nella notte del 24 luglio: “i fenomeni estremi che si registrano con sempre maggiore frequenza mettono a repentaglio le produzioni agricole e l’ambiente. Nell’interesse del territorio e delle popolazioni, le istituzioni lavorino con noi per frenare il cambiamento climatico e per aiutarci nella nostra opera quotidiana di contrasto al dissesto idrogeologico” afferma Enrico Allasia, presidente Confagricoltura Piemonte.
Nella provincia di Alessandria e di Asti, alcuni sopralluoghi sono ancora in corso per verificare l’entità delle perdite alle colture, colpite da un’intensa grandinata nell’area sud. Solo rovesci nel Cuneese, colpito qualche mese fa invece da estremi periodi di siccità che hanno compromesso il comparto della frutticoltura. È la provincia di Novara a pagare il prezzo più alto del violento fenomeno atmosferico definito downburst, che ha interessato i Comuni di Trecate, Sozzago, Cerano, Cameri e quelli al confine con la Lombardia. Campi di soia e mais letteralmente triturati per effetto del forte vento, con raffiche discensionali fino a 111km/h. La produzione è compromessa per oltre il 60%. Un forte nubifragio aveva coinvolto già nel pomeriggio di ieri Bellinzago, Briona e le terre dell’Alto Piemonte: alcuni vigneti hanno resistito all’intensità della pioggia ma, da una prima analisi, circa il 40% non porterà a maturazione le uve.
Per la provincia di Torino, nel Canavese, la vendemmia 2023 dell’Erbaluce di Caluso subirà un calo del 30% circa in seguito alle perturbazioni che si sono abbattute recentemente sulla zona. Sembrerebbe mantenersi alta la qualità degli uvaggi, così come per il Canavese Doc.
I Distretti del Cibo del Chierese e Carmagnolese, con la zona del Pinerolese, sono stati graziati dal maltempo e assicurano, salvo siccità dei prossimi giorni, una buona resa. Grandine invece nella Valli di Lanzo, dove si sono registrati danni anche ad abitazioni e a veicoli. Alberi crollati, tetti divelti e intensi rovesci con alcune grandinate in tutto il Vercellese: le risaie non sono state risparmiate ed è in corso una valutazione della situazione di quanto rimasto nei campi.  “Manca, ormai da troppi anni, una seria politica di difesa del territorio che, complice la mancanza di risorse per attuare un’adeguata prevenzione e protezione, dimostra quando sia indispensabile riprendere pratiche oggi ormai abbandonate ma fino a pochi decenni fa considerate fondamentali” afferma il direttore Confagricoltura Piemonte, Lella Bassignana.

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