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L’espresso

Caos alcolico ... Dal 23 settembre scorso i locali di pubblico intrattenimento devono esporre per volontà ministeriale le tabelle ‘antisbronza’. È un tentativo per ridurre gli incidenti stradali, ma il primo scontro è già in corso: tra gli esperti che hanno scritto le tabelle e il presidente di Assobirra Filippo Terzagni, secondo il quale ci sono “errori” e “incongruenze”.

Il primo problema, dice a ‘L’espresso’, è l’unità alcolica di riferimento. “Non è corretto il valore di 150 centimetri cubi indicato per i ‘ready to drink’ (cocktail già pronti, ndr).

Le bottiglie di questo prodotto, infatti, sono quasi sempre da 330 cc. Quindi c’è il rischio di indurre il consumatore a berne molto più di quanto consentito per guidare”. Quanto al settore birra, Terzaghi sostiene che, “nonostante l’estremo dettaglio delle tabelle, con cinque categorie di birre inclusa l’analcolica, l’attribuzione del grado alcolico di ogni tipo di birra è sbagliato o lacunoso”. Ad esempio, “una fetta importante del segmento birra analcolica ha una gradazione inferiore a 0,05: dieci volte meno di quanto indicato nella tabella”.

Quanto alla birra leggera, dice Terzaghi, “la legge 1354/1962 definisce in tal modo la birra con gradazione superiore a 1,2 e inferiore a 3,5 gradi alcolici, mentre la tabella considera solo il livello più elevato, cioè 3,5”.

Il che si somma a un’altra critica, stavolta riservata alle birre normali e speciali. Le prime, afferma Terzaghi, “hanno un tenore alcolico che varia da 4,3 a 5 gradi, mentre la tabella attribuisce a tutta la categoria il valore più alto di 5”.

Le seconde, invece, “sono per legge così definite quando hanno un grado plato (unità di misura per misurare la densità di una soluzione, ndr) di almeno 12,5 ed inferiore a 14,5. Per definire il grado alcolico, poi, bisogna dividere questo valore per 2,5, giungendo a gradazioni alcoliche che oscillano dai 5,1 ai 5,8 gradi. Ma la tabella attribuisce al segmento un grado alcolico di otto gradi, superiore del 50 per cento alla realtà”.

A questo punto, vista la delicatezza della materia, abbiamo girato le obiezioni di Filippo Terzaghi a Emanuele Scafato, non solo direttore dell’Osservatorio nazionale alcol all’Istituto superiore di sanità, ma anche membro della commissione autrice della tabella. Il quale sceglie di non entrare nel merito delle critiche, rivendicando in blocco la correttezza del lavoro: “Lo scopo della prevenzione”, dice, “è informare sull’alcolemia in funzione di quantità e gradazioni standard. Questa, per la commissione, è la chiave di lettura più chiara, a prescindere dalle definizioni commerciali dei prodotti”. Quanto alle quantità di riferimento, dice, “sono per lo più accettate convenzionalmente, e hanno il solo scopo di dare una misura media”. Come dire: non chiedeteci la perfezione.

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