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L’espresso

Ladri di elemosine ... Alimenti comprati dal ministero e destinati ai poveri scomparsi nel nulla. O affidati ad enti inesistenti. Risultati-choc dei controlli: uno su due non in regola... Quando i carabinieri sono arrivati sul posto non hanno nemmeno potuto suonare il campanello. Del Centro sociale assistenziale, a quel numero civico, non c’era traccia. La struttura, secondo i documenti del ministero dell’Agricoltura, avrebbe dovuto aiutare tutti i poveri di Teora, paese di 1.570 anime vicino Avellino. L’associazione caritatevole (in Italia ne sono accreditate 150 mila) sulla carta aveva il compito di distribuire pasta, zucchero, formaggi, salumi e alimenti vari. Che fine hanno fatto i pacchi non è dato sapere: i registri di carico e scarico non esistevano, nessuna dichiarazione di consegna, il cibo sembra essersi volatilizzato. Ma è certo che il codice fiscale dell’ente fantasma è identico a quello del Comune: secondo gli investigatori è stato proprio il sindaco a chiedere gli alimenti, affidandone la gestione ai vigili urbani e ad alcuni impiegati comunali. Tranne i vigili, sono stati tutti denunciati alla Procura di Avellino.

I giudici irpini hanno avuto giorni pesanti. Nel capoluogo di provincia gli uomini del Nucleo antifrodi carabinieri (Nac) hanno fatto visita anche a un asilo, la scuola materna G. Pedicini. Incredibilmente, aveva ottenuto i requisiti per ottenere le derrate alimentari per il 2008 e 2009. Non si sa se il cibo sia finito nei piatti dei bimbi (nessun indigente, tutti pagano la retta per la mensa), se sia stato rivenduto sul mercato o conservato nelle cucine della scuola, ma è certo che i pm hanno aperto un altro fascicolo. In cui sono finiti anche alcuni ispettori dell’Agecontrol spa, la società di controllo dello stesso ministero, che avrebbero redatto un verbale falso. Non solo. I carabinieri, dopo le visite all’asilo e al comune di Teora, hanno denunciato per abuso d’ufficio anche i responsabili della Croce rossa italiana di Avellino, che aveva l’incarico di vigilare le due strutture. Delle 34 associazioni affiliate alla Cri irpina, ben 12 sono risultate prive dei requisiti per avere le derrate. Il ministro Luca Zaia, che ha ordinato il blitz, promette di non far sconti a nessuno. “Le indagini sono ancora in corso, è doveroso aspettare i lavori della magistratura”, dice: “Ma in un contesto dove l’11 per cento degli italiani vive con meno di 500 euro al mese, dove sappiamo che tre milioni di persone nel mondo muoiono di fame, è pazzesco che a casa nostra ci siano ancora delinquenti che speculano sul cibo. Qui si deve buttare giù la porta a spallate e fare piazza pulita con il lanciafiamme. Sui poveri non si specula, la tolleranza diventa a “doppio zero”, saremo inclementi con chi verrà ritenuto colpevole”.

I ladri di elemosina ci sono sempre stati, ma nell’anno della grande crisi sembra che le frodi, invece di diminuire, aumentino. I risultati dell’ultima operazione dei Nac parlano da soli: cento uomini dei reparti di Parma, Roma e Salerno hanno controllato 76 strutture in dieci regioni, trovando irregolarità varie in oltre la metà dei centri. Ora rischiano di essere sospesi dal programma alimentare dell’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in Agricoltura. Ogni anno l’agenzia compra, grazie a fondi comunitari, tonnellate di alimenti per il sostegno a chi ha di meno (quest’anno gli stanziamenti toccheranno i 129 milioni di euro, oltre alle 12 tonnellate di merce sequestra che Zaia ha destinato agli incapienti). Acquisti effettuati, in qualche caso, anche per sostenere i prezzi sul mercato: ritirando grandi quantità di prodotti si aiutano quelli in crisi venduti sottocosto. Come il Parmigiano reggiano e il Grana padano: presto l’Agea comprerà 200 mila forme del valore di 50 milioni di euro per salvare l’equilibrio tra i costi e i ricavi alla produzione, una mossa che in futuro potrebbe salvare anche l’Asiago, il Taleggio e il Pecorino. L’Agea, se necessario, può lanciare un bando di gara anche per le aziende trasformatrici: una volta ritirato il grano, l’agenzia ricompra la pasta o i biscotti fatti con quei cereali. L’ultima fase della filiera si chiude nei 15 mila enti accreditati (tipo Caritas, parrocchie, Croce rossa, Banco alimentare), a cui vengono inviati i prodotti debitamente marchiati. Sono loro che provvedono allo smistamento finale, attraverso le strutture periferiche che servono circa due milioni di bisognosi.

È qui, ai bordi dell’ultimo miglio, che i furbi si nascondono meglio, facendo incetta di derrate a scopi che di caritatevole hanno ben poco. Comportandosi, in qualche caso, come Robin Hood al contrario. In Campania e in Umbria 16 strutture sulle 16 controllate rischiano di essere sospese, ma anche in Lombardia e Piemonte le irregolarità non si contano. È importante sottolineare che i controlli straordinari, anche perché assai costosi, sono mirati: prima di mandare gli uomini dell’Arma in missione si disegna un’analisi del rischio, e la probabilità di cogliere in flagrante chi commette illeciti amministrativi o frodi da codice penale aumenta sensibilmente. In Puglia, nella parrocchia Preziosissimo Sangue, le giacenze contabili non corrispondevano con quelle reali, a Taranto l’Associazione donne volontarie italiane non aveva mai redatto un registro di carico e scarico e le dichiarazioni di consegna. La Caritas di Casal Monferrato usa diverse unità di misura, rendendo quasi impossibile il riscontro tra registri e buoni di consegna; nel Lazio sembra che la cooperativa Karibù percepisca altri finanziamenti - nonostante i divieti espliciti - dal ministero dell’Interno e dal Comune di Sezze Romano per aiutare coloro che chiedono asilo politico. In un centro i Nac hanno sequestrato Grana padano andato a male, mentre tonnellate di cibo in scadenza sono state spostate d’urgenza in enti sicuri in modo da evitare sprechi di pubblico denaro.

Non bisogna fare, ovviamente, di tutte le irregolarità un fascio: senza registri è impossibile sapere che fine ha fatto il cibo, ma a volte le anomalie nascondono solo superficialità di gestione. In altri casi, però, il sospetto degli inquirenti è che i pacchi per i poveri, pieni di alimenti di primissima qualità come olio extravergine d’oliva, latte, pasta, formaggi e omogeneizzati, sia finito sul mercato o sui banconi dei negozi.

Non è la prima volta che la Croce rossa si trova al centro di uno scandalo per la gestione degli aiuti: nel 1993, a Teramo nove persone furono indagate per essersi appropriati di cibo e prodotti per l’igiene destinate a 360 famiglie pover. Nel 2001, un’operazione della Digos di Agrigento portò a cinque arresti e allo smantellamento di una rete organizzata composta da decine di soggetti accusati di aver venduto le derrate a panifici e a commercianti. Un passaggio, scriveva l’Ansa, che veniva ricompensato anche con pane fresco e pizza. Nello stesso anno la Procura di Santa Maria Capua Vetere, dopo un’inchiesta del ?Mattino? , scoprì un traffico di aiuti alimentari della Ue distribuiti a famiglie di associazioni di comodo che di ?povero? non avevano nulla. La Camera bloccò il sistema degli aiuti per settimane. Qualche anno fa a Genova, infine, sono stati trovati pacchi di pasta non commerciabile in un China market del centro storico: ben 18 strutture subirono la revoca del permesso di distribuire il cibo sottratto ai poveri.

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