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L’espresso

Eldorado Maremma ... C’è una Toscana tutta ancora da scoprire. Che punta sul food&wine. E cresce a ritmi frenetici ... Dante Alighieri la definì Maremma amara: briganti, bestie selvatiche e malaria. Da qualche anno però la terra dello scrittore Luciano Bianciardi e dell’attrice Laura Morante, di eretici e profeti come David Lazzaretti (soprannominato il Cristo dell’Amiata) e di padre Ernesto Balducci, sta diventando sempre più dolce e fortunata. “Una zona fantastica, ricca di storia, buon pesce e cinghiali selvatici”, l’ha definita Mick Jagger, intervistato dal “Washington Post”.
Una provincia emergente in Toscana, e in Italia, per il vino e i prodotti enogastronomici, per i quali il presidente della Camera dì commercio Gianni Lamioni ha ideato due manifestazioni di successo, Maremma Wine Shire e Maremma Food Shire. E la consacrazione internazionale è avvenuta ai primi di novembre quando 16 aziende vinicole della Maremma hanno esposto per la prima volta le loro bottiglie - dal Morellino di Scansano al Montecucco - nello spazio Maremma Wine Shire, a New York. “Per gli operatori americani i vini maremmani sono stati i più sorprendenti per la varietà delle uve. Soprattutto il vermentino maremmano ha riscosso grande successo”, racconta il degustatore Luca Maroni, che ha guidato un wine tasting. Forti del successo di Maremma Wine Shire, manifestazione che si è svolta anche a Milano e a Firenze, i vini maremmani sfidano ora quelli del Chianti e del Bolgherese. “Abbiamo terreni e clima adatti al vino. Ormai la nostra terra è il nuovo Eldorado dei produttori vinicoli”, osserva il presidente della provincia di Grosseto, Leonardo Marras. In effetti, sono sbarcate in Maremma tutte le più importanti aziende vinicole del Chianti: Antinori, Panerai, Mazzei, Guicciardini e Frescobaldi, che a settembre ha inaugurato, all’Argentario, l’avveniristica cantina Ammiraglia. Negli ultimi dieci anni il settore vinicolo è cresciuto con l’impianto di 7 mila ettari di vigne, 600 mila uve prodotte, 39 tipi di vino e 100 cantine. “La nostra è una terra vocata al vino. Non a caso, la Doc del vino di Pitigliano è stata riconosciuta già nel 1966. Con la Vernaccia di San Gimignano e il Brunello di Montalcino”, racconta Stefano Formiconi, patron dell’azienda Villa Corano. L’altra eccellenza maremmana è il cibo. Con 11 mila aziende agricole, la quota di PiI dall’agricoltura è doppia rispetto a quella toscana. “Siamo la prima provincia in Italia per numero di ovini; i formaggi sono di qualità e i prodotti hanno una filiera cortissima. E ancora: la razza mucca maremmana e i salumi di gran pregio”, spiega Lamioni. Vino e cibo: le due chiavi di volta con le quali la Maremma (oltre 5 milioni di turisti, provenienti per l’80 per cento dal resto della Toscana) vuole imporre il suo brand nel mondo sull’esempio dell’Andalusia, con la quale ha intrecciato rapporti di collaborazione. Due terre unite dalle tradizioni (i cavalli andalusi e i butteri maremmani), dall’arte, da un’offerta turistica variegata (il monte Amiata e l’Argentario), il golf, la nautica da diporto. Ma soprattutto Maremma chiama Andalusia per la crescita del Pil: come la regione spagnola ha registrato la maggiore crescita in Spagna, la Maremma ha fatto passi da gigante. Anche se, sulla voglia di crescere, grava la carenza di infrastrutture: l’aeroporto più vicino è militare, i treni sono lenti, il primo porto è a Piombino. Dopo 40 anni di polemiche è, invece, partita l’autostrada Tirrenica, che collega la Maremma a Roma e a Livorno.

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