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L’espresso

Non solo frizzantino ... Esportare è fondamentale, ma da sé non basta. Bisogna presidiare i mercati creando una rete di filiali e agenti di vendita, partner in grado di promuovere i prodotti verso distributori e consumatori. Una recente ricerca di Veneto Agricoltura, infatti, rivela come la propensione a operare sui mercati internazionali aumenta con le dimensioni aziendali, sia per numero di dipendenti che per fatturato. Per vincere all’estero, inoltre, è necessario partecipare alle fiere, aderire ai consorzi e cooperare con le istituzioni pubbliche. “Diventare più grandi non significa solo fondersi, ma trovare modelli organizzativi comuni per conquistare nuovi
mercati, avere distributori affidabili ed efficienti. Oggi più di cinque aziende su dieci vanno all’estero da sole, senza l’aiuto del sistema bancario, delle camere di commercio o delle organizzazioni governative”, spiega Alessandro Bianchi, presidente di Unioncamere del Veneto, che insieme alla Regione ha dato vita al progetto “Veneto promozione” per aiutare i prodotti del territorio ad affermarsi nel mondo. L’export, sostiene Bianchi, dovrebbe mantenere le posizioni anche nei prossimi mesi, così come il carico degli ordinativi alle imprese, intorno al più 2-3 per cento. Più fermi gli Investimenti, invece, per le incertezze legate alla crisi. “In Italia abbiamo un tessuto di piccole e medie imprese di alta qualità, ma il governo dovrebbe incentivare la creazione di aziende più grandi, non è giusto tassare le plusvalenze che derivano dalle fusioni”, aggiunge Alberto Bauli, 71 anni, presidente del gruppo veronese che sforna ogni anno quasi 33 milioni di pezzi tra panettoni e pandori per un giro d’affari intorno ai 420 milioni e un migliaio di dipendenti, Per continuare a prosperare, qualche anno fa Bauli ha acquisito tre marchi storici: Motta, Alemagna e Doria. Oggi è uno dei punti di riferimento dell’industria alimentare made in Veneto, che conta diversi giganti con baricentro nel veronese, tra cui Giovanni Rana, il re della pasta partito cinquant’anni fa da un piccolo laboratorio a San Giovanni Lupatoto, e il Gruppo Veronesi
(Aia, Negroni). Nonché alcuni insospettabili come il gruppo San Benedetto, colosso delle acque minerali e delle bibite analcoliche (17 milioni di pezzi al giorno), cinque stabilimenti in Italia e sede principale a Scorzè, vicino a Venezia, la prima azienda a capitale interamente italiano nel proprio mercato di riferimento. “Un tempo l’agroalimentare era un settore a basso investimento di capitale, ora è tutto cambiato. Servono tanti soldi per valorizzare i marchi e investire in pubblicità. L’azienda è come la bicicletta: se non pedali, cadi. Parola di Alberto Bauli, antica saggezza veneta.

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