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L’espresso

Cantine Rock ... Da Madonna a Lady Gaga, da Sting a Bob Dylan, sono sempre di più i musicisti che investono in vigneti. E i risultati? Da applauso ... Zitta zitta, sembra esserci arrivata pure lei: Stefani Germanotta, in arte Lady Caga, aveva già fama di “wine enthusiast”, come si dice dalle sue parti. In particolare per la Francia d’élite e, patriotticamente, per i più srnart tra i vini californiani: quelli di Napa. Dove la trasgressiva dominatrice delle hit parade di mezzo mondo starebbe trattando l’acquisto di vigne e cantina, e il successivo lancio di una sua linea di etichette.
In attesa del primo “Gaga Cabernet”, fanno intanto notizia le eno-avventure dell’altra regina dello spettacolo: la signora Ciccone. Quando s’è presentata a cena in un costoso ristorante dell’Upper West Side, New York, con una bottiglia di rosso nascosta nella borsa (da cui poi è scivolata nelle mani dcl solerte sommelier che l’ha servita), la scena non è passata inosservata. Qualcuno ha preso nota, e la storia è finita sui tabloid di mezzo mondo, condita da valutazioni all’aceto. Da “Che tirchia, si porta da bere da casa” a “Che ipocrita, nasconde il vino. A pochi è balenata una spiegazione diversa, e verosimile, E cioè: ogni produttore che si rispetti “deve” assaggiare il vino dei competitor, ma nessuno ama far pubblicità alla concorrenza. Men che mai se sci un testimonial del calibro siderale di Madonna, inossidabile icona mondiale del pop, e lo sanno tutti, ma anche titolare della Ciccone Vineyards, 14 acri (6 ettari) e una dozzina di vitigni coltivati a Suttons Bay, Michigan. Insomma, Madonna è tecnicamente una produttrice di vino, anche se a gestire l’azienda è, dal 1996, suo padre.
Non è peraltro l’unica del suo mestiere ad avere filari e cantina in portafogli. Le vigne rock nel mondo sono un bel po’. Proprio come le rockstar che hanno deciso alla lettera di coltivare la loro passione per il vino, o in qualche caso di farne un pezzo dei loro investimenti.
Prendete Dave Matthews, cantante, chitarrista e leader eponimo della Dave Matthews Band (un Grammv, super successi come “Raven”, e concerto celebration a Central Park com’è capitato solo a superstar tipo Diana Ross o Simon & Garfunkel). Per lui il vino è il terzo amore, dopo la musica e la Compagna di sempre (moglie dal 2000) Ashlev, clic lo affianca nell’avventura di rivitalizzare e far girare, dopo averla ampliata, una piccola proprietà di famiglia dalle parti di Charlottesville, in Virginia. Con la complicità di vecchi amici del posto, che reggono l’azienda quando lui è in tournée, Matthews ha messo su una fattoria rigorosamente biologica (e ben reputata) che fa ortaggi, frutta, ma soprattutto vino. Per il suo Chardonnay, Matthews (col fidato farmer Kevin Fletcher) dice di ispirarsi al “nobile” lorgogna. Ma mirano in alto anche Merlor e Meritage (un rosso battezzato negli States ma che fa il verso al mi di uve del Bordeaux).
Ambiziosi, e ben valutati, anche i vini (uno Chardonnay e un Cabernet su tutti) targati Olivia Newton John. La cantante-attrice esplosa con “Grease” ha casa e vigne in Australia. La winery (creata già nel 1983, con l’amico Pat Farrar) si chiama Koala Blue, e nel tempo ha allargato il giro: oggi griffa anche un’acqua minerale e una linea di cioccolatini alla macadamia, esportati con i vini in ben 26 paesi.
Più business clic passione, a prima vista, nel rapporto tra il chitarrista nino Carlos Santana e il mondo in bottiglia. Un accordo col braccio californiano di Mumm (storico marchio di Champagne) ha dato vita dapprima alla produzione (in Napa Valley) di un lussuoso Santana I)vx e poi di un Santana Brut dal prezzo decisamente più popolare:
entrambi, ovviamente, spumanti, Business, si diceva: ma dal retrogusto buonista, visto che parte dei redditi da bolle Santana finiscono alla Carlos Milagro Foundation, onlus che smista aiuti all’infanzia di mezzo mondo, America Latina in primis.
Produce in Arizona, con impegno diretto, Maynard James Keenan, voce dei Tool, west coast hand (Los Angeles) nata heavy metal ma evoluta poi verso una raffinata miscela di “progressive” e performance visual “art-rock”. La Caduceus Cellars di Keenan punta su rossi da varietà bordolesi (Cabcrnet Frane, Merlor, Cabernet Sauvignon) e spagnole (Tempranillo, Guarnacha), ma ha anche in catalogo un italianissimo Sangiovese e Syrah.
La passione per il vino dei rocker ha contagiato anche qualche manager. Quello dei Doobie Brothers, il navigato Bruce Cohn, non solo possiede una winery californiana (vigne anche in Russian River Valley, location tra le più quotate), ma ci organizza anche uno show annuale, il Winery Fali Festival, dove oltre al suo gruppo sono passate glorie della scena rock Usa come i Lynyrd Skynyrd, Leon Russeli, Jim Messina, Carlos Reyes.
Al vino è approdato è un tlirt recente - anche il mitico cx Police Sting: in Itaha, a Figline Valdarno dove nell’acquisita proprietà Il Palagio produce e firma anche olio, miele, verdure, tutto biologico e acquistabile nello shop della tenuta, Aperta a giugno scorso agli enocritici di mezzo mondo convenuti a Firenze per il battesimo di “DiVino Tuscany” (manifestazione ideata dal potente critico James Suckling, già al “Wine Specrator”), con Sting e sua moglie Trudie nel ruolo di affabili anfitrioni di un picnic a base di porchetta e Chianti della casa. Un successone, Replica già fissata a fine maggio.
Parla italiano, anzi siculo, anche il vino di Mick Hucknall: l’ex cantante dei Simply Red ha scelto l’Etna (location ambitissima per clima, qualità del suolo e per essere una sorta di parco ancestrale della biodiversità in vigna) e si è affidato al guru dell’enologia locale, Salvo Foti, per produrre da sole uve indigene (Nero d’Avola, Nerello, Carricante, Grecanico) bottiglie dall’ammiccante etichetta li Cantante.
Sempre italiano, ma marchigiano (Numana, Conero) è il vino di Boh Dylan, prodotto in joint venture con Antonio Terni, viticultore rinomato (Fattoria Le Terrazze) e collezionista stegatato di tutto ciò che riguarda “Mr. Tambourine” e la sua epopea. Terni è riuscito a materializzare un sogno facendo recapitare una sua bottiglia a Dylan e ricevendone in cambio la proposta di “far qualcosa insieme”. Sono nati così il Planet Waves e il Visions of J. (Johanna, nel titolo esteso di una hit di Dylan), taglio di Montepulciano e Merlot il primo. cento per cento Montepulciano d’Abruzzo il secondo.
Alla “wine mania” delle rockstar sbarcate da noi, fa eco alla grande quella dei colleghi italiani. Gianna Nannini, oltre a hit a raffica produce anche Chianti, da 75 ettari di azienda, con enologo famoso: i suoi vini hanno nomi suggestivi, Chiostro di Venere, Rosso di Clausura, e l’aurocitazione di Baccano. Decisamente estroso (Stronzetto dell’Etna) e perfettamente in tono con il suo carattere, il nome che aveva scelto Lucio Dalla per il vino che il cantautore scomparso di recente produceva in Sicilia an7itutto per il piacere di dividerlo con gli amici più cari. Ron, anche lui vinificatore, ha puntato invece su Fracent’anni, titolo del suo pezzo più fortunato, per l’etichetta del rosso e del bianco fatti in Oltrepò pavese. E Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, spreme invece buon rosso da tavola da uve allevare nella “tana” di Cortona. Il legame tra universo rock e mondo del gusto è insomma sempre più intrecciato, come ribadiscono anche inziative “laterali” al vino, tipo Alex Kapranos dei Franz Ferdinand che firma un libro di ricette, o Mohy, patron di un ristorante vegetariano. E rende.
Lo testimoniano alcune iniziative smaccatamente speculative avvitate sull’ambo rock & wine, come le quattro etichette dedicate dalla Werbure Estate, casa vinicola australiana, agli Acdc e in cui sono astutamente mescolati titoli di hit della heavy band australiana e nomi di vitigni (Back In Black Shiraz, You Shook Me All Night I ong Moscato, Highway To Hell Cabernet Sauvignon, I lells Bells Sauvignon Blanc). O, negli Stati Uniti, la furbata su licenza di una società nata apposta a Mendocino, Wines that rock vini anonimi comprati in zona (niente che somigli neppur lontanamente a un Latour o a un nostro Monfortino) che Vengono poi “vestiti” (e smerciati ai fan) come Pink Floyd The Dark Side of the Moon Cabernet, Rolling Stones Forty Licks Merlot, e persino Woodstock Chardonnay. In arriso c’è anche un Grateful Dead da vitigno imprecisato, e altro ancora. Solo cuore, e non calcolo, invece, alla base della scelta dcl produttore toscano Domenico Tancredi: nell’etichetta dcl suo “Chianti Rock”, da Sangiovese dei colli fiorentini, si celebra solo la reunion tra due passioni della vita: la vigna e la musica. E si sente.

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