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L’espresso

Bottiglie da re ... Un vino strepitoso, uno dei rossi italiani più buoni di sempre. Colore rubino luminoso, perfettamente proporzionato nello sviluppo aromatico, ricco di sfumature delicate dì lampone, pan di spezie, tamarindo. E custodito a Castelnuovo dell’Abate, nella vallata del fiume Orcia, il segreto del Brunello di Montalcino Riserva 2006 Poggio di Sotto, Il re della guida “I vini d’Italia 2013” dell’Espresso, l’unica bottiglia a meritare i 20 ventesimi, è il frutto del lavoro del fondatore dell’azienda, Piero Palmucci, che ha lasciato in dote al nuovo proprietario, il gruppo ColleMassari, un’eredità di prim’ordine: alle spalle della bottiglia in cima al podio, il Brunello di Montalcino 2007 (18,5 ventesimi) e il Rosso di Montalcino 2009(18 ventesimi). Un vino all’altezza del nome che porta, considerato che il Brunello, insieme alle altre denominazioni del territorio tutelate dal consorzio - Rosso, Moscadello, Sant’Antimo - rappresenta una corazzata da oltre 13 milioni di bottiglie all’anno di cui quasi otto spedite all’estero, per un giro di affari di 150 milioni di curo. In altre parole, uno dei principali ambasciatori del gusto italiano, sempre più apprezzato nel mondo. Per avere un’idea, nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni di cibo e vino italiani hanno superato in valore quelle di auto e rimorchi (analisi Coldiretti): 15,2 miliardi di euro contro 13,1, con il vino che ha messo a segno un incoraggiante più 7 per cento.

La nuova mappa del vino di qualità.

A leggerli superficialmente, i numeri della guida diretta da Enzo Vizzari, non sembrerebbero discostarsi di molto da quelli della scorsa edizione. Ai piani alti della qualìrà la geografia del vino non cambia: Piemonte sempre in testa, con 48 vini con il massimo punteggio (le 5 bottiglie), il Barolo al vertice della gerarchia delle denominazioni, la conferma del Barbaresco, stavolta con l’exploit del Montefico Vecchie Vigne 2007 di Roagna. E il consueto testa a testa con la Toscana, l’altro terroir delle meraviglie, che segue con 46 eccellen7e, una in più dello scorso anno, e il re Brunello in pole position. Fin qui lo scenario sembra immutato, la solita diarchia tosco-piemontese con il Trentino’Alto-Adige a sparigliare le carte, anche con i rossi. E invece, dalle ultime tornate di degustazioni (ben 25 mila i vini assaggiati) e dalle visite alle aziende, emerge una novità sostanziale, che rimette in gioco schemi e stereotipi. “Ormai esistono valenti interpreti diffusi un po’ in tutte le aree e anche in tipologie ritenute, fino a pochi anni fa, minori. E così riemergono territori ingiustamente dimenticati”, spiega Fabio Rizzari, che ha curato la guida insieme al compagno di blog (vino.blogautore.espresso.repubblica.it) Ernesto Gentili: “Dai Grignolino ai Rossese liguri, morbidi, snelli, di ammirevole freschezza, dai Cirò ai Cesanese, dai Lambrusco ai Santa Maddalena. La Sardegna poi, tra Carignano e Bovale, produce vini di grande originalità e qualità. E mentre si rafforza la sensazione che l’Alto Adige sia la regione più uniforme- mente convincente Sul piano della qualità media dei vini, è dai profondi e intensissimi bianchi campani che arrivano i risultati più squillanti.

Bianchi alla riscossa

Già, i bianchi. Fino all’altroieri erano snobbati, considerati i fratelli minori dei gioielli color rubino che si erano fatti strada nei cinque continenti. Ora le cose sono cambiate: nell’edizione 2013 sono ben 61 i bianchi premiati su 232 eccellenze (sette in più della precedente edizione), il record nella storia della guida. Per esempio, sui 14 i vini premiati in Campania ben dieci sono bianchi (Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Falanghina), a partire dal migliore d’Italia secondo i critici de”l’Espresso”: il Fiano di Avellino 2011 di Pietracupa, salendo su per la Penisola fino alla roccaforte “bianchista”, le Marche, dove sono concentrati sei vini premiati con 18 ventesimi:
l’Offida Pecorino Fiobbo 2010 Aurora e ben cinque Verdicchio, “ Abbiamo osservato una crescita progressiva. Se fino a qualche anno fa i migliori bianchi erano concentrati nel Nord-est, ora troviamo prodotti eccellenti in tutto il territorio nazionale, dall’Etna al Piemonte”, spiega il curatore Ernesto Gentili, che aggiunge: “Rispetto ai bianchi francesi e tedeschi, in generale quelli italiani concedo- no qualcosa in meno sul piano aromatico, ma spiccano nettamente per sapidità e mineralità, privilegi particolari del nostro territorio. Molti produttori sono stati bravi nel comprendere questo potenziale e si sono messi a fare vini saporiti, succosi, freschi, perfetti nell’abbinamento con i piatti della cucina italiana”.

Davide contro Golia

Orientarsi è difficile in un panorama sempre più variegato. Sono 2.200 le aziende selezionate nella guida, a 430 delle quali sono state assegnate le stelle della qualità da una a tre, mentre solo 17 hanno ottenuto il massimo punteggio. All’apice delle classifiche, oggi il inondo del vino è spaccato in due fazioni in guerra: da un lato un numero crescente di produttori, piccoli e piccolissimi, che hanno deciso di abbandonare o ridurre fortemente le tecniche agronomiche più interventiste. Dall’altro aziende grandi e grandissime che resi stono e utilizzano senza mezze misure l’infinita varietà di strumenti che la tecnologia mette a disposizione del cantiniere. Davide accusa Golia di essere un avvelenatore avido di denaro, senza scrupoli, mentre Golia si considera un baluardo di razionalità assalito dai talebani oscurantisti, contrari alla modernità. Nella guida prendiamo posizione contro le frange estremiste che considerano la tecnica di per sé un male, ma al tempo stesso non siamo neanche dalla parte dei furbi, che abusano di chimica e fermentazioni”, sottolinea Fabio Rizzari: “Per noi è saggio valutare caso per caso: una verità elementare è sotto gli occhi di tutti: il vino in natura non si fa da solo. E l’uomo che fa il vino. Si tratta di valutare fino a che punto una manipolazione resta nei confini del buono, del giusto e dell’autentico”.

Occhio al prezzo

L’altra guerra, non ancora dichiarata, riguarda il prezzo della bottiglia. Gli anni passano, la crisi resta. E i consumatori, i distributori e gli importatori sono sempre più oculati nelle spese. In Italia e all’estero, perfino nei mercati emergenti - Brasile, Russia, Cina - il fattore costo gioca la sua parte, fatta eccezione per i grandi marchi. Bene, oggi un quarto dei vini di cc- ccl lenza arriva in enoteca a un prezzo inferiore ai 15 euro. In sostanza, si può bere benissimo senza svuotare il portafogli. Tra i migliori acquisti dell’anno troviamo in testa l’AltoAdige con l’A.A. Pinot Bianco Plattenriegl 2011 Produttori Cornaiano (9-10 euro per 18,5 ventesimi), ma anche bottiglie da terroir meno blasonati, come l’emiliano Lambrusco di Sorbara Frizzante Secco Villa di Corlo (6-7 euro, 18 ventesimi) e il Montepulciano d’Abruzzo 2010 Jasci&Marchesani (7-8 euro, 18 ventesimi). Gentili spiega perché: “All’epoca del boom le aziende badavano a realizzare una bottiglia di vertice, senza curarsi troppo del resto della produzione. Oggi stanno molto attente ai propri vini di base perché fanno quadrare i bilanci, incidendo sul complesso delle vendite. Negli ultimi anni la qualità dei vini a prezzi contenuti è cresciuta enormemente”.

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