02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

L’espresso

Le bottiglie migliori. Quelle da bere subito o da riassaggiare. Le novità. Dentro la guida “I Vini d’Italia 2018” dell’Espresso … Ci sono alcuni vini che ricevono un apprezzamento immediato e altri che hanno bisogno di più tempo per arrivare a maturazione, ma poi si dimostrano longevi. Magari a suo tempo sono stati premiati e in seguito un po’ trascurati, oppure ingiustamente ignorati. Per esempio, il Brunello di Montalcino 2000 di Biondi Santi, cantina simbolo della denominazione, vino sontuoso per freschezza, profondità e ampiezza dei profumi di ciliegia, pesca gialla, tabacco. Oppure l’Alghero Marchese di Villa Marina 1999 di Sella & Mosca, annata di grazia per tanti vini italiani e del mondo. Bottiglia in grado di competere con i più celebrati bordolesi francesi, al punto che i critici della guida “I Vini d’Italia 2018” dell’Espresso l’hanno inserita tra i 100 vini da riassaggiare. Non una classifica, ma una sezione che mappa le vecchie annate tra il 1985 e il 2012, la produzione migliore di etichette che hanno fatto la storia. È questa la principale novità del volume, che verrà presentato insieme alla guida “I Ristoranti d’Italia 2018” giovedì 19 ottobre alla Stazione Leopolda, a Firenze, in collaborazione con Pitti Immagine. Un elenco che si aggiunge alle tre classifiche: quella dei 100 vini da bere subito (al top il Perlé Bianco Brut Riserva 2007 di Ferrari), destinata agli edonisti interessati alla bevibilità, quella dei 100 vini da comprare (al primo posto il Barolo Vigna Lazzairasco 2013 di Guido Porro), per i pragmatici più sensibili al rapporto qualità - prezzo. E infine la graduatoria dei 100 vini da conservare (guidata dal Barolo Cerretta 2013 di Ettore Germano), dedicata ai collezionisti attenti al potenziale invecchiamento. Bottiglie uscite quest’anno, alle quali i critici dell’Espresso pronosticano una vita lunga. “Abbiamo selezionato i vini da riassaggiare per due motivi”, spiega Antonio Paolini, che ha curato insieme a Andrea Grignaffini la guida diretta da Enzo Vizzari: “Anzitutto per verificare, a distanza di anni, come sono andate le cose. Se cioè il giudizio espresso a suo tempo fosse azzeccato oppure no, per vini che secondo noi meritano una seconda chance. E anche per un’altra ragione: vogliamo tendere la mano a quei ristoranti che si ostinano a conservare delle buone annate in cantina, assumendosene il rischio”. Anno dopo anno, la guida è una ottima occasione per fare il punto sullo stato dell’arte del vino italiano. Che gode di buona salute e cresce soprattutto all’estero: il primo semestre si è chiuso con un più 7,3 per cento sullo stesso periodo dello scorso anno, per un valore di 2,8 miliardi di euro, risultato piuttosto sorprendente. Mentre l’Asia si conferma il motore della crescita del commercio enoico mondiale. Dati positivi, su cui spicca il boom delle bollicine che non conosce sosta, soprattutto in Gran Bretagna (Prosecco docet), primo mercato mondiale di sbocco dello spumante tricolore. Malgrado la Brexit. Ma oltre alla quantità - in Veneto gli ettari vitati hanno superato la cifra record di 85mila - c’è anche la qualità. “Non a caso il primo dei primi, nella classifica dei 100 vini da bere subito, sia il Ferrari Perlé Bianco Brut Riserva 2007”, dice Grignaffini: “La stessa graduatoria, inoltre, vanta ben altre otto referenze in termini di bolle italiane E se si considerano anche le altre tre classifiche, compresa quella dei 100 vini da riassaggiare, ben cinque sono le etichette censite”. Sono due le macro - aree spumantistiche nazionali: il Trentodoc, comparto progredito nei prodotti base e ancora di più nelle Riserve e nei millesimati. E la Franciacorta, che vanta picchi analoghi soprattutto nei mercati esteri. Inoltre, nel volume si colgono alcune tendenze che attraversano il mondo del vino. La crescita del biologico e delle piccole cantine che si fanno strada riportando in auge i vitigni autoctoni. E poi i risultati sempre più eclatanti della viticoltura “alta”, eroica: a influenzare il settore sono i cambiamenti climatici, che porta alla ribalta zone un tempo svantaggiate. “Basti pensare all’Etna, all’Alto - Adige, all’Abruzzo, alla Valtellina e al Piemonte del Nord”, aggiunge Paolini: “Oltre ai soliti noti, si assiste alla cavalcata inarrestabile di quella che viene chiamata, e sempre più a ragione, la Borgogna d’Italia, ovvero l’Etna”. L’altro co - curatore della guida, Grignaffini, invita a non dimenticare due regioni emergenti: Liguria e Valle d’Aosta. La prima col suo repertorio di Colli di Luni, con Arrigoni e con La Pietra del Focolare, con gli Ormeasco Sciactra di Fontanacota, col Vermentino e col Pigato “Spigau” de La Rocca del Gatto. Alla Valle d’Aosta, invece, si guarderà in futuro con sempre maggior interesse. “Per il Blanc de Morgex et de la Salle, declinato dai sopraffini Ermes Pavese e dalla cave omonima, ma anche per le esecuzioni di Chardonnay della Maison Anselmet, di Dino Bonin e quelle di Petite Arvin di La Source”, conclude Grignaffini.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su