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L’exploit delle griffe di Langa (che “batte” 8-6 la Toscana) nella Power 100 del Liv-ex

Giorgio Rivetti (La Spinetta): “risultato condiviso con un intero territorio. È il riconoscimento del lavoro dalla vigna alla costruzione del brand”

La “Power 100” 2021 del Liv-ex, la classifica delle etichette più performanti sul mercato secondario dei fine wine secondo l’indice di riferimento di ogni collezionista e investitore del settore (da qui transitano 100 milioni di euro in valore di offerta giornaliera, ed è qui che si fanno le quotazioni, in tempo reale, di oltre 16.000 etichette di ogni angolo del mondo), ha ridisegnato gli equilibri tra le diverse regioni enoiche. L’Italia, dopo l’exploit del 2020, resta protagonista, con 14 vini in classifica ed una ripartizione geografica diversa, che premia il Piemonte: nel naturale turn over tra etichette, all’uscita di scena dei toscani Tua Rita, Casanova di Neri, Poggio di Sotto e Fontodi (oltre a Quintarelli, Luciano Sandrone e Vietti), fa da contraltare il ritorno in “Power 100” di griffe di Langa come Comm. G.B. Burlotto, Giuseppe Mascarello e Figlio, Giuseppe Rinaldi e La Spinetta di Giorgio Rivetti.

Con balzi in avanti enormi, tanto che li ritroviamo tutti e quattro tra i “Top 10 biggest risers in the top 100”: Giuseppe Rinaldi, passato dalla posizione n. 171 alla n. 60 ha scalato 111 posti, Giuseppe Mascarello e Figlio, dalla 207 alla 82, ben 125, Comm. G.B. Burlotto, alla posizione n. 26 dalla 187 del 2020, 161, e La Spinetta, oggi alla n. 40 e un anno fa alla 234, addirittura 194. Solo Emmanuel Rouget (Borgogna) ha fatto meglio: 205 posizioni scalate in un anno, passando dalla 249 alla 44. Una crescita repentina, che ha portato le griffe del Piemonte a “battere” (8-6) quelle di Toscana, e guadagnare consenso tra investitori, in termini di volumi e valori mossi, prezzo medio, variazione delle quotazioni e numero di singoli vini (etichette ed annate) sul mercato.

Sin dall'inizio della pandemia, abbiamo assistito ad un vero e proprio boom delle contrattazioni sul mercato secondario dei fine wine per i vini di Langa, perché è un canale su cui si riescono a trovare vecchie annate e griffe di ogni tipo”, racconta a WineNews Giorgio Rivetti, alla guida de La Spinetta. “Certo è che per raccogliere risultati così bisogna lavorare molto sulla costruzione del brand, andando al di là dei punteggi, creando una sinergia tra importatori, grandi ristoranti e appassionati di alto livello. Il mercato è sovrano, decide liberamente, ma sono contento per il Piemonte, perché Nebbiolo, Barbaresco e Barolo garantiscono da tanti anni unicità e qualità, e finalmente il mondo del vino se ne sta rendendo conto. È il successo di un territorio, di un vitigno e della cultura contadina che li sa mettere a sistema”.

Un aspetto importante, ma non critico, riguarda la destinazione finale delle bottiglie contrattate e acquistate ogni giorno sul mercato secondario. “Io spero che chi si avvicina ai nostri vini lo faccia con la voglia di berli, o di tenerli in cantina, ma sempre con l'obiettivo di aprirli e trarne godimento. Mi auguro che non facciano troppi giri, perché le bottiglie partono tutte dalla nostra cantina, per cui sono tracciate e sicure, ma se viaggiano per il mondo qualche rischio esiste”, continua Giorgio Rivetti. “È un mercato in cui è importante stare con le vecchia annate, una cosa che una volta era normale tra i grandi produttori di Barolo, e che noi stiamo tornando a fare tenendo in cantina, dal 2003, il 25% di ogni annata: se non lo facciamo noi produttori, non può farlo nessuno”. La scalata sul Liv-ex de La Spinetta, cartina di tornasole del mercato, inoltre, “è il riconoscimento il lavoro di tutto il Piemonte del vino, perché non siamo da soli, e anzi la presenza dei vini piemontesi è massiccia sia in quantità che in differenti declinazioni, rivelandosi così un premio anche alla complessità del nostro territorio e quindi alle sottozone, che abbiamo costruito con un grande gioco di squadra”, conclude Giorgio Rivetti.

È interessante notare, poi, che la quota di mercato delle diverse tipologie di vino cambia a seconda del Paese di riferimento: i vini toscani valgono il 9% del mercato secondario Uk, contro il 5% di quelli piemontesi, ma il più premiante è senza dubbio quello Usa, dove la Toscana vale il 12% degli investimenti e il Piemonte il 13%, mentre in Asia - dove la Toscana vale il 3% del mercato e il Piemonte appena il 2% - c’è ancora tanta strada da fare. Un discorso a parte merita l’Europa, che investe praticamente solo su Bordeaux, che rappresenta il 72% del mercato, costringendo tutti gli altri a quote minoritarie, che vanno dal 6% dei vini toscani al 2% dei vini piemontesi.

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