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Libero Mercato

Vino australiano in crisi. Brinda il made in Italy ... La siccità potrebbe dimezzare la vendemmia 2008 del continente e alleggerire il peso della concorrenza. A rischio 800 aziende... I produttori di vino italiani hanno due ragioni per gioire. Primo: il raccolto del 2007 sarà in calo di circa il 10 percento rispetto al 2006. Ciò significa un aumento dei prezzi e maggiori guadagni. Secondo: il settore nazionale non dovrà temere - almeno per il 2008 - la concorrenza di un vino temibile come quello australiano. La siccità che sta affliggendo il nuovissimo continente minaccia di dimezzare la vendemmia di marzo 2008 - è questo il periodo in cui si raccoglie l’uva nell’emisfero australe - e ciò si rifletterà sicuramente nei numeri sull’export e sui prezzi, che non saranno di concorrenza (il rincaro del vino australiano sarà di gran lunga superiore a quello italiano).
Il prossimo anno l’Australia produrrà 800 mila tonnellate di chicchi contro una media che, negli ultimi anni, ha quasi toccato i due milioni di tonnellate. La mancanza di pioggia ha abbassato drasticamente il livello del sistema di irrigazione del fiume Murray Darling - nel sud-est del Paese - dalle cui acque dipendono la maggior parte dei produttori di uva australiani. Il rischio di bancarotta è già palpabile per 800 aziende vinicole del Paese ma, secondo la federazione dei coltivatori divino, la crisi economica del settore potrebbe estendersi a macchia d’olio da qui al prossimo marzo.
L’Australia conta in tutto 7.500 produttori di vino nel suo territorio, che esportano bottiglie per 800 milioni di litri e fatturano complessivamente 3 miliardi di dollari l’anno (in testa ai Paesi importatori troviamo Regno Unito e Stati Uniti, che acquistano bottiglie da Sidney rispettivamente per 974 e 954 milioni di dollari). Un settore, quindi, strutturato in maniera radicalmete diversa dall’industria del vino in Italia, basata sui piccoli produttori. il mercato australiano è nelle mani di poche, enormi aziende che fanno affidamento per più del 70 percento del loro raccolto sui vitigni cosiddetti “Internazionali” (Shiraz, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot Nero). Dei veri e propri giganti del vino che, come detto, ora rischiano la bancarotta. Una delle aziende più rappresentative è la McGuigan Simeon Wines, che prima dell’avvento della siccità stimava 2,5 milioni di dollari di utili per il 2008. Ora, secondo la banca d’affari Jp Morgan, la prossima vendemmia porterà in perditala McGuian per 1,1 milioni.
La crisi australiana del vino affonda le sue radici nel recente passato, quando il settore soffriva del problema inverso: la sovrapproduzione. L’eccesso di vino ha portato le etichette a un progressivo deprezzamento fino al raggiungimento di prezzi da discount e riducendo di conseguenza all’osso il margine di guadagno delle aziende. Ora, con scarsa liquidità in tasca i produttori devono affrontare un’annata prevista come durissima, che premierà i soli “sopravvissuti” con un apprezzamento consistente del vino.
Alla prevista crisi australiana si affianca, già da ora, la magra vendemmia 2007 in Italia. Quest’autunno il Bel Paese dovrà fare i conti con un raccolto inferiore ai 45 milioni di ettolitri divino: il dato più basso degli ultimi trent’anni. Anche la produzione nazionale, come quella australiana, ha conosciuto, negli ultimi anni, problemi di sovrapproduzione. Secondo gli esperti può considerarsi una buona notizia che Australia e Italia riversino sul mercato un numero ridotto di bottiglie divino. La concorrenza serrata delle due nazioni nel settore (Australia e California sono le maggiori rivali del vino europeo) insieme a delle super-vendemmie ha portato ad un abbattimento dei prezzi dei vini internazionali, minimizzando i guadagni dei produttori.

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