“Per un futuro migliore della terra”. La Santa Sede, per la seconda volta, partecipa alla Biennale di Architettura di Venezia (20 maggio-26 novembre) portando messaggi di importanza sociale e di sostenibilità ambientale. Una presenza che si concretizza con la mostra “Amicizia sociale: incontro in giardino”, che sarà allestita negli edifici del Monastero benedettino e nei giardini dell’Abbazia di San Giorgio Maggiore, dal 20 maggio al 26 novembre.
L’invito è quello di “prendersi cura del pianeta come ci prendiamo cura di noi stessi e celebrare la cultura dell’incontro”, ha spiegato l’architetto Roberto Cremascoli ideatore e curatore del Padiglione, che con queste parole sintetizza gli insegnamenti di Papa Francesco, tratti dalle encicliche “Laudato si’” (2015) e “Fratelli tutti” (2020), che diventano a loro volta ossatura e guida ideale dell’intero percorso espositivo. Era il 2015 quando Papa Francesco pubblicò la sua seconda enciclica, la “Laudato si’”. Un inno, tra le altre cose, alla cura del creato, della natura e dell’ambiente, che ha ispirato tante realtà importanti, da Slow Food, con Carlo Petrini che più volte ha affrontato l’argomento anche in un carteggio con lo stesso Papa Francesco, diventato poi un libro (“TerraFutura - Dialoghi con Papa Francesco sull’ecologia integrale” by Slow Food Editore), alla Fondazione Symbola, guidata da Ermete Realacci, come testimonia il “Manifesto di Assisi”.
Come ha spiegato il cardinale José Tolentino de Mendonca, “è sotto il segno dell’incontro che la Santa Sede torna, in questo anno 2023, alla Biennale di Venezia. Nei suoi dieci anni di pontificato che cadono proprio nel 2023, papa Francesco ha agito e parlato nel senso di coinvolgere tutti, senza dimenticare le periferie, i poveri e i rifugiati. Ciò costituisce già un’eredità per il futuro, attorno alla quale s’incontrano tutti coloro che desiderano un mondo più giusto e meno ferito dalle disuguaglianze sociali. Ciò è ben evidente nei due progetti di architettura in cui consiste la proposta del Padiglione della Santa Sede”. Il prefetto vaticano ha citato l’architetto Álvaro Siza, autore delle installazioni del Padiglione, “che all’età di novant’anni si presenta come una riserva di giovinezza per il mondo, scommette su un’architettura che non si fissa tra quattro mura, ma si disloca. È un’architettura viva, figurale, “in uscita”. Un intenso manifesto politico e poetico su cosa sia o possa diventare l’incontro tra gli esseri umani”.
L’architetto Roberto Cremascoli ha descritto il percorso espositivo negli spazi dell’Abbazia benedettina di San Giorgio Maggiore dove la sostenibilità ha un ruolo importante: “nel convento si realizza la costruzione di un processo reale, la dimensione evocativa di un progetto che non è necessariamente pensato per definire uno spazio finito, bensì un modus operandi. Con le “installazioni” realizzate, ci siamo occupati di fare ordine mediante il disegno e la pratica di gesti semplici, prendendo spunto dall’uso quotidiano e dal modello di vita monastico”. Quindi non costruzioni o idee futuriste materiche, non nuove forme edilizie, ma soprattutto le funzioni eteree e vitali dell’orto, la ricerca e il recupero di piante e il riuso di materiali edilizi. Giacomo Borella dello studio milanese Studio Albori ha spiegato come l’orto è il modello del rapporto con il creato, che è una pratica frugale e modesta, ma soprattutto un omaggio all’enciclica “Laudato si’”alla quale si sono ispirati per realizzare lo spazio aperto dell’abbazia. Un tema, quello della sostenibilità, da sempre caro a Papa Francesco. Ne è un esempio la residenza pontificia di Castel Gandolfo diventata un “laboratorio di ecologia integrale”. Un progetto secondo il quale la bellezza dei giardini di Villa Barberini e delle Ville Pontificie diventa lo scenario naturale per lo sviluppo di un luogo di formazione all’ecologia integrale, aperto a tutte le persone di buona volontà.
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