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E il caldo globale fece fiorire il vino inglese (a danno degli altri) ... “Ammettiamolo: negli anni ‘80, non faceva così caldo, qui in Cornovaglia. Il riscaldamento globale è una pessima cosa per il mondo: ma forse è per questo che il nostro vino ora viene così buono”. Proprio così: vino inglese. Bianchi e champagne, per la precisione. Bob Lindo non millanta. Fra lontre, aironi e cottage very british, ha imbottigliato un Bacchus secco e un Pinot Bianco ‘05 con cui, all’International Wine Challenge, l’Oscar enologico assegnato da una giuria “bendata” di 400 persone di 19 nazionalità, l’Inghilterra ha vinto due delle 21 medaglie: compreso il clamoroso oro del Cuvée Greenfields 2003, bollicine prodotte da Denbies, la casa più grande fra i 400 vigneti d’Albione, 107 ettari nel Surrey, 48 chilometri a sud di Londra.
È finito, insomma, il tempo delle battute. “Come si può fare una piccola fortuna? Cominciate con una grande fortuna e aprite una casa vinicola”: nel dare la notizia del medagliere, il Guardian ha sdrammatizzato con questa freddura assai in voga fra i viticoltori locali. Ma l’autoironia malcela la soddisfazione: fra rossi e bianchi sudafricani, australiani, americani, cileni che il mondo globale ha da tempo aggiunto - sugli scaffali dei negozi londinesi - a francesi e italiani, nell’ultimo anno i vini inglesi hanno registrato un cospicuo +40%. Certo, è il risultato di un lungo investimento nella tecnologia, nell’expertise dei viticoltori. Ed è concentrato soprattutto sulle bollicine: “I vitigni sono gli stessi dello Champagne, così come il suolo è simile”, spiega all’Observer Chris White, general manager di Denbies. Ma è la temperatura, per l’effetto serra ora quasi identica alla campagna di Reims, ad aver fatto la differenza.
Naturalmente, i gradi che da 5 anni di record consecutivi valorizzano l’uva anglosassone fanno tremare il resto del mondo. Per la Southern Oregon University, nel 2050 le regioni di maggior produzione di vino vedranno un’impennata di due gradi: ad Australia, dice, Spagna, California e Francia del Sud potrebbe andare pure peggio. “Nello Champagne potrebbe far caldo come a Valencia”, spiega Tim Atkin. E allora, addio bollicine. Ecco perché (anche) l’Italia è più interessata di altri alla difesa del Pianeta: a meno che non ci si rassegni a festeggiare a spumante british.

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