Tanti i temi che, di questi tempi, il vino sta affrontando, a partire dalla sostenibilità, ambientale e sociale, in vigna ed in cantina, passando per il valore delle produzioni biologiche e biodinamiche e per un altro argomento caldo, quello del grado alcolico, che cresce con l’aumentare delle temperature, anche dove, normalmente, non è mai stato un problema, ed ancora, il ruolo ed il peso dei brand nelle dinamiche che affrontano territori e denominazioni. Ma è da quello universale e trasversale della sostenibilità, valore richiesto dai consumatori e dal trade e su cui i produttori stanno lavorando forte, che prende spunto Monica Larner, una delle giornaliste e critiche del vino più autorevoli, e firma per l’Italia del prestigioso “Robert Parker - The Wine Advocate”, nella sua chiacchierata con WineNews, perché proprio “The Wine Advocate” ha pensato di valorizzarlo con il “Robert Parker Green Emblem”, che, alla prima edizione, ha premiato cantine simbolo della viticoltura italiana come la siciliana Tasca d’Almerita, Alois Lageder in Alto Adige e Salcheto in terra di Nobile di Montepulciano.
“È un progetto su cui abbiamo lavorato per oltre due anni, perché sentivamo il bisogno di farlo, per tanti motivi. Il primo è che fa parte della qualità del vino e di ciò che i produttori stessi vedono nel loro prodotto, che è sempre il riflesso di un territorio, di suoli da tutelare e vigneti attraverso cui tutelare ecosistemi sani, sia per il prodotto che per il mondo del vino nel suo insieme”, spiega Monica Larner. La viticoltura del futuro deve essere sostenibile, sia da un punto di vista ambientale che economico e sociale, un equilibrio che le cantine devono puntare a raggiungere “guardando a tanti aspetti diversi”, riprende Monica Larner. “A partire dalla gestione della stessa cantina, ma bisogna sempre avere un occhio di riguardo per la dimensione sociale, tenendo ben presente la realtà che ci circonda, creando armonia tra chi lavora nel vigneto e i prodotti e i materiali che vengono usati in cantina, con un approccio che parta dal basso per puntare in alto e viceversa e che comprenda e coinvolga tutta la filiera, per rendere al meglio un progetto di sostenibilità dell’azienda”.
In questo senso, le produzioni biologiche e biodinamiche, oltre a scelte ponderate fatte da viticoltori particolarmente sensibili alle istanze ambientali, hanno ormai anche “una componente di marketing, un aspetto su cui abbiamo lavorato molto, proprio in seno al “Robert Parker Green Emblem”. Alla fine, abbiamo dato vita a due progetti: uno è un filtro, alla nostra banca dati, attraverso cui si può fare una ricerca sui vini certificati biologico o biodinamico; in più, riconosciamo il fatto che ci sono tante aziende, che non hanno per mille motivi alcuna certificazione, che sappiamo lavorare in maniera importante sul tema della sostenibilità, perciò nasce il “Green Emblem”, un premio che va dato anche a chi non è certificato ma che, in questo campo, fa grandissimi sforzi”.
Cambiando radicalmente argomento, ma restando nel solco del cambiamento tra i filari, è interessante notare come in tutti i più importanti territori del vino al mondo, Italia compresa, il grado alcolico sia cresciuto molto negli ultimi decenni, anche per colpa del Global Warming, e questo nonostante il mercato chieda da tempo vini più leggeri. “Una richiesta reale che arriva dai consumatori di tutto il mondo”, dice la Italian editor di “The Wine Advocate”. Aggiungendo, però, che “il problema dell’alcol che sale è un tema che va tenuto sotto controllo, perché è un fatto che stiamo registrando in tante zone vinicole, anche in Italia, dove tradizionalmente il grado alcolico non era mai stato così alto”.
Denominazioni e territori in cui giocano un ruolo fondamentale, nella loro affermazione, i brand, specie in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui l’identità territoriale ha un peso sempre più rilevante. “Sono due motori che vanno insieme: marchio e territorio. Il dibattito su chi traina di più tra i due c’è sempre stato, e forse la risposta giusta è una: devono lavorare insieme, perché in un grande territorio un grande marchio che lavora per aprire nuovi mercati dà anche la possibilità ai più piccoli di seguire la strada aperta e crescere, diventando una formula vincente, che abbiamo visto in tutte le più importanti zone del vino, comprese Montalcino e Barolo”. A proposito di territori e denominazioni, il futuro passa per la nuove generazioni alla guida delle cantine del Belpaese, che dovranno traghettare il vino italiano nel futuro, fuori dalla pandemia, partendo “dalla Sicilia, dove c’è un fermento enorme tra i produttori, che hanno una gran voglia di rivivere, rinascere, proporre i loro vini. Ma anche in una denominazione più piccolina, nel cuore della Toscana, come la Vernaccia di San Gimignano, noto un’altissima presenza di vini biologici, che mi dà speranza, per un sistema che possa funzionare attraverso tutta la denominazione. Anche l’Umbria è molto attiva, ma alla fine siamo tutti pronti per una rinascita, il momento è arrivato per tutto il sistema del vino italiano. Bisogna tornare a farsi vedere, andare su nuovi mercati, ricominciare a viaggiare e fare marketing con entusiasmo, proponendo i vini di questo bellissimo Paese”, conclude Monica Larner.
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