In principio fu il Nobile di Montepulciano, che inserì “Toscana” in etichetta in primis, in maniera obbligatoria, per distinguersi dal Montepulciano d'Abruzzo, ma anche per unire al fascio di una delle perle del Rinascimento toscano il brand della Regione, di grande successo nel mondo. Ora, la stessa strada è percorsa dal Morellino di Scansano, i cui produttori, da ora, non dovranno, ma potranno aggiungere nelle etichette della denominazione maremmana la dicitura “Toscana”. “La modifica del disciplinare è stata frutto di un intenso lavoro portato avanti dal nostro Consorzio di concerto con Regione Toscana, il Ministero delle Politiche Agricole e Avito, l’Associazione Vini Toscani Dop e Igp - afferma Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio di tutela del Morellino di Scansano - ora tutti i produttori che lo desiderano potranno sfruttare la grande forza del brand “Toscana”, molto conosciuto ed apprezzato sui mercati internazionali. È una grande opportunità per valorizzare ulteriormente il Morellino di Scansano soprattutto sui mercati esteri. Siamo certi che i produttori della nostra denominazione sapranno sfruttare al meglio questa possibilità”- conclude il presidente del Consorzio. “Abbiamo accolto fin dal primo momento, come Regione, la proposta di modifica al disciplinare di produzione del Morellino di Scansano Docg, che oggi trova finalmente compiuta definizione - ha detto la vicepresidente della Regione Toscana e Assessore all’Agroalimentare Stefania Saccardi - si tratta di un altro tassello che contribuirà a comporre quell’articolato mosaico che rappresenta il futuro di una delle più importanti filiere regionali. Un futuro che dovrà confrontarsi con le nuove sfide di sostenibilità ambientale e di resilienza ai cambiamenti climatici. Anche in questo senso il brand Toscana può rappresentare un formidabile driver per promuovere nei mercati di tutto il mondo la straordinaria ricchezza e l’agrodiversità dei nostri vini, e il Morellino di Scansano è uno di questi gioielli”. Ennesimo esempio di quella che abbiamo battezzato come “regionalizzazione” delle denominazioni, strada battuta sempre più spesso, seppur con sfumature diverse, in tanti territori del vino italino. Il caso forse più calzante è quello della Doc Sicilia, creata proprio come denominazione ombrello del vino di una Regione il cui brand è peraltro sempre più forte nel mondo, e che ha portato con successo in etichetta il nome della Regione accanto a quello delle denominazioni storiche. Altro esempio, anche precedente, seppure diverso, è quello dell’Alto Adige, grande denominazione (quasi) regionale sotto la quale si declinano i varietali e le sottozone (come Terlano o Santa Maddalena, per esempio). Qualcosa di simile a quanto succede con la Doc Friuli Venezia Giulia, o con la Doc Piemonte, per esempio. E se in Toscana, come detto, dopo il Nobile di Montepulciano è arrivato anche il Morellino di Scansano, in Umbria di recente si segnala il caso Montefalco, con la possibilità per i produttori di inserire proprio “Umbria” in etichetta per i vini della Doc Montefalco e della Docg Montefalco Sagrantino.
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