Forse non basterà il “decreto antiscalata” varato qualche settimana fa dal Governo, a far rimanere Parmalat in mani italiane. In attesa del manifestarsi di una non meglio definita cordata italiana, il colosso francese Lactalis ha spiazzato tutti e ha lanciato l’Opa (offerta pubblica di acquisto) per il arrivare al 100% del gruppo di Collecchio, già in mani francesi quasi al 30%. Il prezzo dell’offerta è di 2,6 euro per azione, e incorpora un premio del 13% sul prezzo ufficiale del titolo registrato il 21 aprile (quando aveva chiuso a 2,3 euro). Il premio è del 21,3% circa rispetto al prezzo di borsa delle azioni di Parmalat degli ultimi dodici mesi ed, inoltre, del 33,6% rispetto all’“Enterprise Value” per azione (calcolato come capitalizzazione di borsa al netto della posizione finanziaria netta e delle interessenze di minoranza per azione) degli ultimi dodici mesi. L’offerta viene lanciata sul 71,031% del capitale e il controvalore massimo dell’offerta è dunque pari a 3,37 miliardi di euro, e l’operazione, spiega Lactalis, sarà coperta con un finanziamento infragruppo messo a disposizione da Bsa Finances, che a sua volta farà ricorso a un finanziamento bancario da 3,4 miliardi di euro concesso da Credit Agricole, Hsbc, Natixis e Socgen.
“Il progetto di Lactalis - ribadisce il comunicato con cui viene presentata l’operazione - è principalmente un piano di crescita: continuare a sostenere la strategia di crescita sviluppata e comunicata al mercato da Parmalat al fine di mantenerne e incrementarne ulteriormente la posizione di preminenza nel settore di riferimento”. Lactalis intende anche “contribuire all’espansione di Parmalat e dei suoi marchi e valuterà l'opportunità di far confluire in Parmalat le proprie attività nel settore del latte confezionato, tra le quali quelle detenute in Francia e Spagna, dando così luogo alla creazione di un “campione” di rilevanza mondiale con sede, organizzazione e testa in Italia”.
Il Gruppo Lactalis, unito a Parmalat, dovrebbe realizzare un giro d’affari pro forma di circa 14 miliardi di euro, diventando il primo gruppo mondiale nei prodotti lattiero-caseari.
Il commento - Cosa dice sulla vicenda Parmalat il giornalista Lorenzo Frassoldati, firma dell’agroalimentare del “Quotidiano Nazionale” (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno) ...
“L’Opa di Lactalis apre la prospettiva di fare un grande gruppo veramente multinazionale della nostra Parmalat”. È il primo commento, Winenews.tv, di Lorenzo Frassoldati, giornalista del “Quotidiano Nazionale” (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno), giornalista tra i più autorevoli ed esperti dell’agroalimentare italiano. “Bisognerà vedere se ci saranno delle contromosse italiane, si era parlato di questa cordata italiana che non ha mai battuto un colpo, c’erano solo banche e si aspettavano i privati, la Ferrero si è tirata fuori, Granarolo aveva manifestato interesse dicendo che le sue forze però non erano sufficienti. I francesi, invece, hanno rotto gli indugi e hanno spiazzato tutti con una mossa importante. Dopo che si era anche detto che avevano agito in maniera opaca, poco trasparente, che volevano spendere il meno possibile per mettere le mani sul latte Parmalat. E, invece, hanno deciso di investire una somma importante per un’Opa totalitaria. Come dire, il mercato sta facendo il suo corso, e noi italiani ci siamo accodati e siamo stati lenti nel prendere le decisioni che bisognava prendere”.
Ma il caso Parmalat offre uno spunto di riflessione che va oltre la vicenda stessa: è per forza un male se dei simboli dell’agroalimentare italiano, siano essi per qualità, volumi o storia, finisco in mani straniere?
“Non è un male. Dobbiamo intenderci su cosa vogliamo: fino a ieri ci siamo lamentati perché gli stranieri non investono in Italia. Poi, quando c’è un investimento, ergiamo le barricate e gridiamo che l’italianità non può essere svenduta. Per altro, il latte padano è già in mani francesi attraverso marchi importantissimi, Invernizzi, Locatelli, Galbani, senza che questo abbia provocato uno scandalo. Insomma, la difesa del prodotto italiano va bene, ma questa è affidata alle organizzazioni professionali, ai sindacati dei produttori. Per il resto se gli stranieri vengono in Italia a comprare grandi prodotti per farne delle aziende multinazionali che vanno ad operare in tutto il mondo, io non vedo nessuno scandalo. Anche perché abbiamo degli esempi fantastici di aziende italiane che sono andate all’estero e poi sono tornate in Italia. Una per tutte, la Barilla, ma anche l’Olio Dante che era finito agli spagnoli ed è ritornato agli italiani con Oleifici Matalunni di Benevento, che lo stanno rilanciando come marchio 100% italiano con grande successo. Bisogna rendersi conto che noi siamo dei campioni nell’export dell’agroalimentare con prodotti straordinari come il vino, l’ortofrutta, i salumi e i formaggi, e se vogliamo continuare a fare grande export, non possiamo rinchiuderci dentro le nostre frontiere, fare le barricate dazi e leggi contro stranieri. Il commercio internazionale è una grande prospettiva e noi dobbiamo starci dentro, in entrata e in uscita”.
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