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Nazione / Giorno / Carlino

“Difendo le tre T: terra, territorio e tradizione” ... Lei ha scritto di recente un libro di ricette, ‘L’Italia in tavola’: con quale criterio le ha scelte?
“Sono ricette della tradizione italiana che ho chiesto ai ristoratori che stimo. E’ dal 1977 che mi occupo di enogastronomia sono convinto sempre più che è nei ristoranti che si recuperano quei valori della nostra cultura in tavola che nelle famiglie si vanno perdendo. Oggi le donne sgelano i cibi, gli uomini non cucinano...”
E’ bravo ai fornelli? Che cosa cucina di preferenza?
“Io sono sempre a mangiare fuori, non cucino, sono pigrissimo! Se proprio mi ci metto sono bravo, ma lo lascio fare ad altri molto più bravi di me”.
Tra i tanti ristoranti provati in trent’anni, qual’è il suo preferito?
“Il ristorante più rivoluzionario è senz’altro quello di Gianfranco Vissani a Civitella del lago, vicino a Terni. Scrissi io la prima recensione nel 1981, e ancora oggi mi sorprende con le sue novità che spiccano rispetto alla normalità dell’offerta degli altri locali, con la ricerca della materia prima. E’ di lusso, costoso, è una scommessa. Oggi Vissani è un personaggio, è conosciutissimo ma bisogna pensare che questo successo se l’è sudato. Si è sempre sacrificato investendo tutto nel ristorante che all’inizio era modestissimo, sembrava un ranch, fino a dieci anni fa non aveva la luce elettrica ma un generatore”.
E quello che proprio non sopporta, che non consiglierebbe mai?
“Ferrant Adrià, che è un bluff gastronomico. Ho provato il suo ristorante nel 1999 e scrissi un articolo intitolato “Ventidue piatti della delusione”. Ricordo che mi portarono un piatto con sei tondi di gelatina con sopra dei semi di peperone... Noi quando cuciniamo quei semi li buttiamo via, come si fa a proporli?”
Ci sono un cibo e un vino che lei predilige su tutti gli altri?
“Sono per i cibi semplici, legati al territorio, quindi l’ideale per me è un gamberone crudo fresco, non importa se pescato in Sicilia, a Forte dei Marmi, in Liguria. In quanto ai vini, preferisco uno Chardonnay conservato in ‘barrique’, un vino che si abbina a molti cibi, dal pesce alla carne bianca leggera”.
Ci avviciniamo a Natale, quale consigli ci può dare circa la scelta del menù delle feste?
“Rispettare le tre ‘T’: terra, territorio e tradizione. Quindi piatti legati al luogo in cui si vive, o della nostra infanzia. Sconsiglio il ristorante, anch’io durante le feste di Natale non ci vado mai. Anzi per la precisione mi ritrovo in casa coi parenti, cognati e cognate, e si mangiano cibi tradizionali”.
In un ristorante quali sono i parametri che usa per giudicare il rapporto qualità-prezzo?
“Non esiste un parametro fisso, sono valutazioni da fare volta per volta, sarebbe come dire che un Picasso è troppo costoso perchè è di piccole dimensioni. Io credo nel vecchio detto ‘chi più spende meno spende’. Meglio andare al ristorante una volta di meno ma quella volta trattarsi bene. E’ preferibile spendere 80 euro in un’ottima cena che andare due volte in un posto mediocre da 40 euro dove il pesce è surgelato o la pizza mal cotta”.
Si è mai messo a dieta?
“Per la prima volta vent’anni fa e... ho perso vent’anni! Poi di nuovo nel 2002 quando ebbi un infarto. Pesavo 120 chili e in sei mesi arrivai sotto il quintale. Ero molto soddisfatto, e quando uno è contento cosa fa? Festeggia. E io ho festeggiato mangiando, tanto che in questi anni ho praticamente recuperato il peso perduto”.

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