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Nazione / Giorno / Carlino

“Contro la concorrenza valorizziamo i nostri vini” ...
Alcuni opinionisti stranieri han definito l’Italia povera, triste e depressa. Il presidente Napolitano ha sostenuto che il nostro Paese ce la farà grazie allo “spirito animale” di noi italiani. Un ottimista come Angelo Gaja cosa ne pensa?
“Forse sono un privilegiato o vivo in un altro mondo ma vedo attorno a me tante persone né tristi né depresse. Non che siano degli incoscienti, ma è gente che sa affrontare le difficoltà, non sta sempre a lamentarsi, ha spirito di intraprendenza, ha buon senso, sa dare il giusto valore alle cose. Non so se tutto ciò corrisponda allo ‘spirito animale’, ma funziona egregiamente, ovunque e non solo in Italia”.

Lei da tempo insiste sulla necessità di “restituire dignità al vino”, in polemica con i produttori che “danno spettacolo con i loro vini, in ogni dove, in ogni luogo”.

“Di colpo si è fatto diventare il vino l’ingrediente obbligatorio di manifestazioni ed eventi finanziati con denaro pubblico per attirare flussi turistici. Il vino soffre di sovraesposizione, il troppo stufa, infatti i consumi calano. Cosa fare? Sperare che i produttori imparino a dire di no”.

Lei ha auspicato che il “Ministro De Castro faccia il miracolo di darci il Catasto Viticolo Nazionale entro il 2008”.

“Le aziende che tengono la contabilità debbono aggiornare l’inventario una volta all’anno. L’azienda del vigneto Italia per oltre trent’anni è stata sollecitata invano dai produttori di vino a redigere l’inventario delle vigne, senza che ne sia uscito uno straccio di documento; facendo nascere non poche perplessità, magari fosse solo negligenza! Ministro De Castro, lei che ha dato prova di professionalità ed efficienza, ci faccia la grazia!”

Tra le provocazioni che hanno fat­to discutere, il suo invito a diventa­re tutti un po’ più smaliziati e criti­ci nel guardare ad enti ed associa­zioni che, a suo avviso, “con la scu­sa di operare nell’interesse genera­le del territorio continuano a suc­chiare sovvenzioni da destinare al loro interesse particolare”...

“Territorio è diventato luogo comune per eccellenza. La pioggia di sovvenzioni che cado­no sul turismo hanno fatto crescere in pro­gressione geometrica i “succhiatori di contri­buti”, i quali, invariabilmente, sostengono di avere speso il denaro pubblico per arrecare beneficio al Territorio: nessuno che chieda lo­ro di dare conto di quanto e di come i contri­buti siano stati spesi.

In Italia il consumo di vino prò capi­te è in calo. Da più parti si ritiene che sia tempo di ridurre la produ­zione nazionale. Anche per lei è co­sì?

“Il mercato estero è là pronto a salvarci solo che i politici di settore lo degnino di uno sguar­do. Che fare? Decurtare del 50% le sovvenzio­ni a fiere, manifestazioni ed altre iniziative e fi­nanziare con il ‘ben tolto’ progetti per fare cre­scere la domanda estera di prodotti dell’agroalimentare italico. Ovvero sul modello V.I.E. (www.ubifrance.fr) francese, senza inventare nulla, favorire il trasferimento all’estero di gio­vani laureati italiani per la promozione ed la vendita dei nostri prodotti. Sostenere in Cina, India, Russia, le scuole già esistenti ed aprirne di nuove per la formazione di chef di cucina italiana, la migliore ambasciatrice dell’agroalimentare italiano”.

Paesi produttori concorrenti, per­seguendo una politica di marke­ting aggressiva, portano in Italia vi­ni a prezzi stracciati, con il rischio di bere sempre meno italiano e sempre più straniero...

“Il marketing aggressivo l’aveva fatto l’indu­stria italiana per prima negli anni ’60-’80 allor­ché esportavamo negli USA, Germania e Fran­cia tradotte di conteiners di vino italiano sfuso ed in bottiglioni a prezzi stracciati, sbaraglian­do la produzione locale. In Francia i viticoltori scendevano in piazza a tagliare i pneumatici delle nostre autocisterne o ne rovesciavano il contenuto per le strade; ed invocavano misu­re protezionistiche. Il protezionismo è un pal­liativo che apre le porte a situazioni ancora più difficili. Dobbiamo imparare a vivere con la concorrenza, a contrastarla nei modi legitti­mi”.

Per chi, come lei, è sempre in giro per il mondo, quando la “nostalgia d’ Italia” si fa forte, in quali risto­ranti o trattorie di casa nostra vor­rebbe essere?

“Il luogo del desiderio resta sempre casa pro­pria ove si è liberi di mangiare cosa, come e quanto si vuole. Ma sogno anche il ristorante ove il rapporto di confidenza e di amicizia rag­giunto con lo chef sia tale che non occorra im­plorare: niente aceto balsamico, niente olio al tartufo e panna per condire...”

Il vino che Angelo Gaja vorrebbe per un’occasione speciale?

“Quello che so essere più gradito agli amici che mi sono assieme”.

Chi è ... Angelo Gaja è nato ad Alba nel 1940. Diplomato enologo nel1960 all’Istituto Enologico di Alba, ha conseguito all’Università di Torino la laurea in Economia e Commercio. Entrato nell’azienda di famiglia nel 1961, è subentrato nella conduzione al padre Giovanni nel 1969. La sua cantina “storica” ha sede nel comune di Barbaresco, in provincia di Cuneo. È proprietario anche di due aziende vitivinicole in Toscana, ovvero della cantina Pieve Santa Restituta a Montalcino, in provincia di Siena, e della cantina Cà Marcanda a Castagneto Carducci, in provincia di Livorno. È considerato il principale protagonista della moderna rinascita enologica del nostro paese.
Autore: Marco Gatti

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