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Nazione / Giorno / Carlino

“Metto a tavola l’America con i sapori italiani” ... Bill Clinton e Sharon Stone si vedono spesso ai suoi tavoli, all’Olives di Washington, come al Beso di Hollywood, di cui è comproprietario con Eva Longoria, e dove adesso si affaccia spesso anche David Beckham, con immancabile Posh al seguito. “Tutta gente che vuole mangiare secondo lo stile italiano: naturale, regionale, stagionale, tradizionale ma con un pizzico di novità”, rivela Todd English, 48 anni, un imperatore della cucina negli Usa. Dove ha 23 locali tra ristoranti tradizionali, ristoranti in cinque aeroporti, ristoranti su due grandi navi da crociera, e l’appalto della cucina per la Delta Airlines. Ma stare ai fornelli non gli basta, e mr. English gira anche il mondo con le sue troupes a realizzare tre serie per varie tv americane. Era già stato in Italia, in Emilia Romagna, a realizzare un frizzante connubio tra Ferrari e Aceto balsamico, “auto da corsa e slow food, il massimo”, sorride; adesso, ha appena finito di girare diverse puntate in Toscana, su auto d’epoca a zonzo, tra vino, farro, zafferano, salumi, formaggi, olio di oliva. Come base, il Borgo La Bagnaia, campagna tra Siena e Grosseto, “una location insuperabile”, si lascia scappare con un altro sorriso.

Mr. English: che ci fa in Toscana?

“Cerco una nuova prospettiva per riproporre un bicchiere di Brunello”.

Già: brutta botta, là da voi, per il Brunello.

“Bah, non tanto. Il vino non è mai mancato, e lo ‘scandalo’ non si è avvertito”.

E che cos’è quello che lei definisce ‘stile italiano’?

“La moda, l’arte. La regionalità del cibo che propongo. L’importanza del territorio, e il ritorno alla semplicità”.

I suoi sapori preferiti?

“Il tartufo bianco. Gli spaghetti alla bolognese, perché no? E la polenta gialla, il cacciucco. Gli spaghetti alle vongole”.

Tra i suoi maestri, in Italia, ha avuto Angelo Paracucchi. Che cosa le ha insegnato?

“Uno sguardo nuovo innestato sulla tradizione. Nell’82, il sorbetto al basilico era una grande novità”.

Ma lei è più innovativo o tradizionale?

“In parti uguali. Ma non puoi guardare al futuro se non hai le basi nella tradizione”.

Come si fa a tenere d’occhio 23 ristoranti?

“Con una buona squadra, e una giornata di 80 ore... Vabbè: se mantieni alto il livello della qualità, lo puoi anche trasmettere come stimolo a chi lavora con te”.

C’è una regola comune nel suo lavoro?

“Mi diverto”.

Conosce cuochi italiani?

“Certo: Vissani. Marchesi, Nadia Santini. Cesare Casella, che ha il Vipore a New York”.

Dove c’è anche Sirio Maccioni.

“Oh, Sirio is the pope..”.

Il numero uno?

“Freddy Girardet, lo svizzero. Un maestro di purismo”.

Sono cari i suoi ristoranti?

“No. Massimo 80 dollari, 50 euro. Non è giusto far pagare troppo, il cibo è la cultura più democratica, a tavola dovremmo essere tutti uguali”.

A che pensa, mentre cucina?

“Bella domanda, ci sono tante risposte... A comprare il pistacchio migliore, alla stagionalità dei prodotti. A infondere in ogni boccone l’essenza di quello che mangi, per far esplodere il sapore in bocca. A Mozart, direi: con poche note, grandissime trame. E’ il segreto della cucina italiana: purezza e semplicità portano a un grande crescendo”.

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