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Sos delle città del Vino “Senza Ici sulle cantine rischiamo il crac” ... Appello al governo del presidente Valentini... Le strade di campagna sono cosparse di autovelox che “derubano” gli automobilisti e i borghi antichi costellati da palazzoni in cemento che snaturano il paesaggio? La colpa è dell’abolizione dell’Ici. O meglio, dell’Ici sui fabbricati agricoli scattata nel 2007. Il ragionamento è più o meno questo, a sentire il presidente dell’Associazione Città del Vino, Valentino Valentini, che denuncia l’impossibilità per i piccoli comuni di far quadrate i bilanci senza la bella fetta di introiti sui tanti immobili classificati come rurali. Edifici, si contesta, come le cantine e le aziende agricole, che ospitano vere e proprie attività economiche.

Da qui l’appello che interessa un gran numero di comuni toscani, affinchè il governo affronti alla svelta il problema della fiscalità. Da sindaco di un piccolo comune qual è Montefalco in provincia di Perugia, Valentini conosce bene i conti: “Con l’abolizione dell’Ici, e in mancanza di risorse alternative - afferma -, i comuni d’eccellenza del vino non riescono a far quadrate i loro bilanci e rischiano il crack. Per scongiurare questa inevitabile sorte, ai comuni, per sopravvivere, non resta che finanziarsi attraverso multe, autovelox e gli oneri provenienti da nuove edificazioni. Per questo chiediamo al governo di affrontare con urgenza un intervento in materia. Così come alle aziende vitivinicole chiediamo una maggiore responsabilità nei confronti delle rispettive comuni.

Per molti aspetti è il solito paradosso all’italiana: per salvaguardare l’eccellenza della produzione del vino, fiore all’occhiello del made in Italy e blasone in tutto il mondo, si rischia di far perdere molti servizi ai cittadini che vivono in quelle stesse splendide zone coperte di vigne.

"Ciò che manca - spiega è un adeguato riconoscimento anche economico della funzione che hanno oggi i comuni rurali,la maggioranza in Italia, di piccola e media entità, dove l’agricoltura riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’economia legata alle produzioni tipiche e per il turismo enogastronomico. E inoltre, specialmente le aziende più sviluppate e di successo, dovrebbe capire che l’egoismo, per cui tutto è dovuto senza pagare niente, ha le gambe corte e non porta da nessuna parte”.

Il problema dell’abolizione dell’Ici rurale (L.222/2007 art. 42 bis) non compensata da altri introiti, riaccende inoltre il dibattito sul tema della disuguaglianza di trattamento fiscale tra le diverse categorie di operatori economici. E questo mentre si allargano le polemiche sul patto di stabilità, con il federalismo fiscale che sembra allontanarsi. “Per tutti questi motivi crescono le preoccupazioni delle Città del Vino - conclude il presidente dell’associazione -. Non ci si rende conto che gli stessi comuni non dispongono della forza economica per tutelare il paesaggio, per fornire adeguati servizi e per la cura dei centri storici. Eppure il territorio contribuisce in maniera rilevante al valore aggiunto delle produzioni e alla loro percezione nell’immaginario collettivo, in un circolo virtuoso in cui il vino promuove il territorio e viceversa. Ma i comuni, che devono sostenere maggiori costi, stentano a garantire standard qualitativi elevati a causa del taglio delle risorse: alla lunga il rischio è quello di danneggiare irrimediabilmente l’immagine di questi luoghi che il mondo ci invidia”.

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