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Nazione / Giorno / Carlino

Vino, la Toscana punta ad Est. E’ l’India la terra promessa ... Giovane, ma attenta alla tradizione. Potrebbe essere la fotografia della Toscana del vino, almeno secondo gli esperti di Vinitaly, che a questo identikit hanno assegnato il Premio Cangrande, destinato ai Benemeriti della Vitivinicoltura. Per la Toscana, l’identikit si specchia nella faccia di un ragazzone biondo di 35 anni: si chiama Ivan Giuliani, e in quella che lui definisce “la mia piccola Alsazia”, con il centro a Fosdinovo sui colli a cavallo tra le province di Massa Carrara e La Spezia - con una spalla d’eccezione come è Stefano Chioccioli, uno degli enologi big d’Italia - punta sulla tradizione per ridare un’impronta al Vigneto Toscana. La Burella, la Pollera, la Merla (che altrove si chiama Canaiolo) e da ultimo anche il Vermentino Nero sono le sue scommesse, “uve - dice Ivan - che i nostri contadini hanno coltivato per duecento anni, e che noi ora riprendiamo con le vecchie tecniche, a file strette e intensive. Per questo considero una specie di
‘laurea’ questo premio che mi assegna Vinitaly”.

Solo poesia da vigneron romantico? Sarà, ma intanto la Toscana del vino riscopre tutto il valore della tradizione e del territorio, per puntare dritta sui mercati emergenti, in particolare, la Cina. Ci sono numeri da ripianare, brucia il -3,4% nell’export registrato nel 2008, una delle peggiori performance tra le regioni del vino d’Italia. Un dato che risulta da valori altalenanti sui principali mercati, vecchi e nuovi. Qualche esempio? Negli Stati Uniti c’è una perdita dell’1,1% in valore, con un lieve incremento però nella quantità: a farne le spese “sono soprattutto i vini di fascia media e alta”, commenta Pier-luigi Tolaini, produttore a Castelnuovo Berardenga, che comunque intravede “i primi segnali di ripresa già nei primi mesi del 2010”. Va bene l’Estremo Oriente, soprattutto per i rossi: Cina +24% in valore, Giappone +7,5% in valore e +14% in quantità. Dati discordanti dalla Russia: si parla di generica “difficoltà di penetrazione”, ma si sa che il Brunello di Montalcino sta diventando il vino cult della upper class in Russia. Tutto da conquistare invece il mercato indiano, mercato da 9 miliardi di euro dove i vini italiani sono il 2,3% contro il 75% della Francia: “E’ il nostro vero concorrente, al quale abbiam sottratto negli ultimi vent’anni importanti quote di mercato con i nostri vini di medio e alto livello, mentre i vini del Nuovo Mondo sono competitor solo per la fascia bassa”, commenta Francesco Mazzei del Castello di Fonterutoli. In poche parola: qualità, identità, territorio. La sfida, dice questo Vinitaly della crisi, si vince così.

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