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Nazione / Giorno / Carlino

Cinghiali e caprioli devastano le vigne. E il Chianti insorge (2) ... “Quando l’uomo mette le mani sulla natura provoca sempre qualche guaio”. Può ben dirlo Gilberto Tozzi, direttore del Centro di Scienze Naturali di Galceti a Prato, che ha trascorso la vita a rimediare i guasti sull’ambiente e a dare asilo e a curare gli animali feriti. Nel suo Centro regionale per il recupero della fauna arrivano una media di 150 caprioli all’anno, per non parlare delle altre specie. Eppure, anche Tozzi è convinto che a volte la mano dell’uomo serva. Per rimediare, appunto.

Come lo vede il piano regionale per riequilibrare la presenza delle specie che danneggiano l’agricoltura, vedi gli ungulati?

“Dico che serve, perché indubbiamente c’è un sovrapopolamento di cinghiali, cervi, caprioli, daini. Persino istrici”.

Ma cosa è successo, perché questi animali sono aumentati in questo modo esponenziale?

“Colpa dell’uomo. Prendiamo i cinghiali...”

Appunto, che gli agricoltori vorrebbero decimare.

“Tutto è dovuto all’introduzione negli anni ’70 del cinghiale dell’Europa centrale, perché il nostro “maremmano” si era praticamente estinto. Il fatto è che quella diffusa è una razza di stazza molto maggiore e con capacità riproduttiva molto più alta: arrivano a partorire dodici cuccioli alla volta, contro i tre del nostro maremmano. Sono di stazza maggiore, più voraci e non temono di avvicinarsi agli ambienti urbani”.

Bene, allora reinseriamo il nostro cinghiale maremmano.

“Non è semplice. L’unico nucleo lo abbiamo noi qui a Galceti. Pensi, arrivò con l’alluvione del ’66, quando dal parco delle Cascine di Firenze furono salvati tre esemplari, due femmine e un maschio. Adesso stiamo tentando, proprio con la Regione, di fare un inserimento in una fattoria di Riparbella in provincia di Pisa. Ma ci vuole tempo”.

E poi ci sono i cervi, i caprioli...

“E dire che era dal ’700 che i cervi erano scomparsi dalle nostre zone, specialmente collinari e precollinari. Ora invece arrivano in pianura. Furono reintrodotti a metà anni ’60 e ora ce ne sono 2.500 esemplari solo tra le provincie di Prato e Pistoia. Sono animali splendidi, che superano i 300 chili, tra i più belli. Ma il lato dolente è che quanto entrano nelle coltivazioni, si può immaginare quanto danno possono fare”.

Ma anche i caprioli sono così voraci?

“Forse peggio. So di coltivatori che devono seminare due volte il mais e i girasoli perché appena spuntano i germogli i caprioli fanno piazza pulita. E in effetti, una cosa è avere due cervi o caprioli su 200 ettari di terreno, e un’altra è averne venti o più”.

Insomma, allora questo piano di abbattimenti serve.

“Sì, ma con criterio e con personale autorizzato e preparato. Non vanno estinti di nuovo, vanno regolamentati”.

E a bracconieri come stiamo?

“Malissimo. Ce ne sono tantissimi, specialmente per i cervi utilizzati per la trofeistica. Spesso troviamo carcasse di animali senza testa proprio per questo. Ogni “trofeo” ha un valore di diverse migliaia di euro”.

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