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Vinitaly brinda a un frizzante 2010. “Sarà l’annata della riscossa” ... Oggi al via la rassegna veronese. Spumanti e grandi rossi in ascesa... Bollicine. Non sono quelle della Coca Cola cantate da Vasco Rossi, ma quelle dei milioni di bottiglie di vini frizzanti e spumanti made in Italy che fanno ben sperare per un Vinitaly “di rilancio e di fiducia” (parola del presidente di Verona Fiere, Ettore Riello). Oggi apertura ufficiale della “cinque giorni” veronese (attesi 150mila visitatori) con Luca Zaia in doppia veste: ministro (ancora per poco) delle Politiche agricole e neogovernatore della Regione Veneto. Venerdì gran botto istituzionale, con la visita storica del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sono dunque le bollicine il segmento trainante dell’intero comparto enologico italiano, dopo un 2009 di ritirata dei consumi, dell’export e dei prezzi. Si affermano nuovi stili di bere, meno paludati, più easy, più conviviali, più attenti al prezzo. Vini “freschi” (cioè relativamente giovani), beverini, preferibilmente bianchi e fruttati. Un trend che riguarda anche i rossi, dove le cantine si riconvertono su vini di media struttura, morbidi e piacevoli, massimo 2-3 anni di invecchiamento mentre i grandi “vecchi”, scuri e profondi e complessi, restano a coprirsi di polvere nelle cantine dei ristoranti o sugli scaffali delle enoteche. E allora tutti a fare bollicine, secche e dolci, dalle eccellenze dell’Asti al Trentodoc, dalla Franciacorta bresciana all’Oltrepò pavese, fino alle chicche: gli spumanti a base di ribolla gialla del Friuli o di nerello mascalese siciliano, i rosè di Bardolino chiaretto oppure il lambrusco metodo classico. “Nell’ultimo decennio il consumo di bollicine italiane è quasi raddoppiato: una volta relegate ai brindisi delle feste, oggi gli spumanti ricoprono tutto l’anno un ruolo da protagonisti, e rappresentano la scelta più gettonata non solo al momento dell’aperitivo, ma anche a tutto pasto”, conferma Giampietro Comolli, una vita passata a occuparsi di bollicine, oggi direttore di Altamarca, agenzia di marketing territoriale dell’area Prosecco. La destagionalizzazione è stata l’arma vincente: “I principali consumatori sono soprattutto i giovani, che le amano perché molto vicine al loro modo di essere: sempre più spesso le preferiscono ai cocktail”. E la mania delle bollicine non riguarda solo il Belpaese: nel mondo si consumano 2,6 miliardi di bottiglie l’anno e l’Italia, con 190 milioni di bottiglie, è il secondo esportatore dopo la Francia, con un fatturato export pari a 1,9 miliardi di euro, quasi la metà di tutto il volume d’affari generato dall’export del vino tricolore. “A far crescere l’export di nostre bollicine sui mercati esteri (+10% nel 2009) - spiega ancora Comolli - è il prezzo all’origine contenuto che va incontro alle esigenze del consumatore sempre più attento al rapporto qualità- prezzo”. E mentre lo champagne perde quota un po’ ovunque nel mondo (in Italia se ne sono importate due milioni di bottiglie in meno) è il Prosecco veneto, anzi trevigiano, quindi carissimo al cuore del ministro Zaia, il vero campione di incassi sui mercati esteri, Gran Bretagna sopra tutti. E la nuova docg del Prosecco Conegliano Valdobbiadene debutterà proprio a questo Vinitaly, mentre la semplice doc Prosecco è stata allargata dal Piemonte al Friuli fino a una potenzialità di 150 milioni di bottiglie. Bisognerà che l’export continui a tirare.


Le cifre.

Il comparto. Il comparto vinicolo in Italia vale 20 miliardi di euro, conta circa 1,2 milioni di occupati e fa registrare e un export che, nel 2009, ha sfiorato i 3,5 miliardi.

La fiera. Cinque giorni di manifestazione, oltre 92mila metri quadrati di esposizione per 12 padiglioni e 4.200 espositori da Oceania, America, Europa e Africa.

La curiosità. Al Vinitaly sarà in vetrina la più grande botte del mondo (40 metri cubi per una capacità di 32mila litri). Serve per affinare l’Amarone Tommasi.

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