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Nazione / Giorno / Carlino

“La vera partita per essere al top si gioca sul prezzo” … “Un buon dato di partenza, che però da solo significa poco. Se sei il primo produttore nel mondo e strappi anche il prezzo medio più alto, allora sei davvero il numero uno. Ma ancora non è il nostro caso”. È cauto l’ottimismo del vignaiolo, alla notizia del possibile “sorpasso” in vista della prossima vendemmia. Almeno a sentire Marco Pallanti, produttore da 350 mila bottiglie (di cui 250 mila a Docg) di altissima qualità a Castello di Ama, sulle colline tra Radda e Gaiole in Chianti, e presidente del Consorzio del Gallo Nero, il Chianti Classico, denominazione storica e di fama mondiale, con i suoi 7700 ettari di vigneti e circa 30 milioni di bottiglie.

Ma allora, Pallanti, la Cantina Italia non riesce a essere la più interessante?

“Mah. Intanto, noi abbiamo costi di produzione più alti rispetto al resto del mercato, e anche rispetto a certe zone della Francia, che non è solo i premiers crus di Bordeaux o la grande Borgogna: il problema è interessare la fascia di mercato in cui siamo competitivi, e lo è il rapporto qualità-prezzo”.

Per questo nel Chianti avete scelto la via del taglio di produzione?

“Bisognava migliorare la qualità e mantenere un buon prezzo d’acquisto”.

Ma insomma, qual è l’Italia del sorpasso?

“Non credo quella dei vini di massa: ci sono zone del mondo con qualità competitiva e prezzi più bassi. La quantità da sola è un dato non completo”.

Di che c’è bisogno, dunque?

“Di aiuti dello Stato per riqualificare l’immagine, della grande qualità e più in generale del mondo del vino. Quando parlo di rapporto qualtià-prezzo competitivo, voglio dire che a volte 5 euro sono troppi, e magari 30 sono pochi”.

Ma il movimento è pronto?

“Le singole aziende fanno la propria politica. I Consorzi lavorano per dare un’immagine elevata alla media della qualità”.

Presto per cantare vittoria, insomma.

“No: intanto, sul mercato globale fa bene una massa d’urto forte. Però bisogna qualificarla per salire la scala delle fasce di vendita, e non essere scalzati da altri. Non fare la fine dell’Australia, che ha prodotto tantissimo e poi è stata costretta a svendere”.

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