Ormai è ovunque, o quasi, ed il suo utilizzo è destinato a crescere. Non sorprende, pertanto, che sia entrata anche in un mondo già affine a “flirtare” con la tecnologia, come quello della ristorazione. Un settore che ha iniziato a sfruttare le potenzialità offerte dall’Intelligenza Artificiale (Ai) per velocizzare le sue fasi e avvicinarsi ancora di più alle esigenze, sempre più alte, dei consumatori. Secondo un report della piattaforma di consumer intelligence Tastewise, che cita uno studio di Popmenu, il 34% dei ristoratori statunitensi ha già adottato la tecnologia Ai e un altro 48% prevede di farlo nel 2025. Questo cambiamento segna un nuovo standard, per Tastewise, e quindi che “l’Ai non sta emergendo, è già operativa. Nel settore alimentare sta cambiando chi prende le decisioni e la velocità con cui vengono prese. Nel 2025, i leader della ristorazione non si limiteranno a sperimentarla, ma la integreranno nel processo decisionale quotidiano”.
E quindi, dagli chef ai responsabili del marketing, la formula a cui si sta guardando è quella di unire la creatività umana alla precisione delle macchine per muoversi più velocemente, testare in modo più intelligente e adattare ciò che funziona. Un cambiamento che, però, “non riguarda la sostituzione degli operatori”, ma si tratta, piuttosto, “di aggiornarli”.
Venendo ai numeri del marketing, secondo Tastewise, il 75% degli operatori prevede di aumentare gli sforzi con la personalizzazione dell’Intelligenza Artificiale nel 2025. E poi l’accoglienza con il 45% che punta ad automatizzare più processi a contatto con i clienti, accanto a chi, grazie alla nuova tecnologia, sta automatizzando le funzioni di cucina e preparazione. Gli operatori utilizzano l’Ai per analizzare dati in tempo reale, modificare i menu, monitorare i prezzi e rispondere al comportamento dei consumatori senza ritardi. I team che capiscono come lavorare con questi strumenti, spiega Tastewise, “prendono decisioni più rapide, riducono gli sprechi e rimangono un passo avanti della concorrenza in un mercato affollato”.
Le ghost kitchen, le cucine che operano esclusivamente per la consegna a domicilio o per l’asporto (con ordini che arrivano principalmente da app e siti web, ndr), prive di un’area di servizio al pubblico, hanno generato un fatturato globale di circa 64,5-71,4 miliardi di dollari nel 2024 e si prevede, dice ancora Tastewise, che cresceranno ad un Cagr del 13% fino al 2030.
“Gli operatori che adottano la flessibilità possono adattarsi al cambiamento delle tendenze, crescere senza investimenti onerosi e rispondere a cambiamenti inaspettati, il che significa poter agire rapidamente e con decisione quando altri stanno ancora recuperando terreno. I menu di oggi sono plasmati tanto dai clienti quanto dagli chef. Secondo dati recenti, il 74% dei consumatori sceglie dove mangiare in base ai social media e il 22% afferma che questo aspetto li influenza a tornare”. Un comportamento “tracciabile” tanto che gli operatori ora monitorano i segnali in tempo reale su piattaforme come TikTok, Instagram e siti di recensioni per informare sui lanci di prodotti, campagne e strategie di prezzo.
La Generazione Z, evidenza Tastewise, “sta guidando gran parte di questo cambiamento. I marchi che trattano il comportamento dei consumatori come un segnale creativo, e non solo come un feedback, sono quelli che trasformano l’influenza in vantaggio”. Una ricerca di Tastewise su oltre 12.000 consumatori statunitensi mostra che questi oggi apprezzano l’attrattiva, la novità e il contesto culturale in ciò che scelgono di mangiare. Il 38,5% afferma di essere più propenso a provare nuove proposte di menu negli eventi stagionali o culturali, e il 34,2% è guidato dall’entusiasmo visivo, e dai piatti pensati sia per il gusto che per le foto.
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