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IL VINO PER “DANTE 700”

Nel vino ci sono la nostra anima, la tradizione, il sapere: parola di Dante. Così Riccardo Cotarella

Per l’enologo italiano il Sommo Poeta offre lo spunto per riflettere sul legame tra vino e cultura. “Che è storia, presente e futuro dell’Italia”

“Dentro un calice di rosso o di bianco c’è la nostra anima, la nostra tradizione, il nostro sapere” e “Dante con le sue citazioni legate al vino ce lo ricorda a distanza di sette secoli dalla sua scomparsa”. Soffermandosi sui passi della “Divina Commedia” “possiamo comprendere con emozione e immenso stupore a quale miracolo della natura ogni anno siamo chiamati ad assistere e intervenire noi enologi. Un privilegio che ci deve inorgoglire della nostra professione e al tempo stesso responsabilizzare rispetto all’eccellenza vino, attraverso la quale passa la storia, il presente e il futuro di un Paese”. È la riflessione di Riccardo Cotarella, tra i più importanti enologi italiani, alla guida di Assoenologi (nell’editoriale della rivista “L’Enologo” n. 1/2 del gennaio/febbraio 2021),secondo il quale i settecento anni dalla morte di Dante che l’Italia celebra nel 2021 offrono l’occasione per riflettere sul legame tra il vino e la cultura, rileggendo i passi che il Sommo Poeta dedica alla trasformazione dell’uva in vino nel capolavoro della letteratura mondiale, per spiegare addirittura il mistero della nascita dell’anima umana: “e perché meno ammiri la parola, guarda il calor del sol che si fa vino, giunto a l’omor che de la vite cola” (Purgatorio; XXV; 76-78).
“In questi mesi di pandemia - sottolinea Cotarella - abbiamo ripetutamente spiegato come il mondo del vino possa contribuire in maniera importante alla ripresa economica dell’Italia. adesso Dante ci suggerisce o meglio ancora, ci ricorda, che forse è davvero giunto il momento di andare oltre. Ci spinge a pensare che la ripresa passerà attraverso l’arte, la bellezza, la cultura e le cose buone della nostra terra. Bello e buono per un “nuovo umanesimo”, per un nuovo modo di intendere il profitto e quindi le nostre vite. L’emergenza sanitaria ha rallentato il nostro correre veloce che per troppo tempo ci ha forse impedito di soffermarci a vedere quanto di bello c’era intorno a noi”.
Un momento storico difficile ed inimmaginabile anche per il mondo del vino, ma del quale “provare a cogliere il significato migliore per portarlo dentro le nostre vigne e le nostre cantine”, scrive Cotarella, invitando ad “immaginare nuove traiettorie capaci di condurci verso un’innovazione che sappia regalare nuovi sapori e nuove opportunità”. Una sfida che, “come ci suggerisce Dante, non vuole e non può essere solo enologica, ma culturale, e che riguarda in primis la nostra categoria, ma che investe tutti i protagonisti del mondo del vino, a cominciare dai viticoltori che ogni giorno hanno un contatto diretto con la Terra. Che chiede sempre più rispetto adottando produzioni sostenibili figlie della cultura scientifica degli enologi e in linea col pensiero dantesco che associa la trasformazione dell’uva in vino alla nascita dell’anima umana”.
Un passaggio storico che, conclude l’enologo italiano, “dovrà essere fatto dal sistema Italia che affonda le sue radici nello Stato e nelle scelte di Governo. In questi mesi noi enologi abbiamo dato prova di professionalità e tenuta, per resistere alla più grave crisi economica dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi, ma nonostante questo siamo ancora qui disponibili ad accettare questa nuova sfida in nome della scienza, dell’amore per le nostre imprese - che rappresentano le nostre vite - e in nome del rilancio economico dell’Italia”.

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