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AGRICOLTURA 4.0

Nomisma: negli ultimi 3 anni il 22% delle aziende del settore ha investito in innovazione

Gli ostacoli maggiori riguardano i costi e le dimensioni aziendali, con la spesa sotto i 5.000 euro per il 45% delle imprese

L’agricoltura non è più quella di una volta, e se gestire un’impresa del settore primario è ancora una sfida piena di incognite, un aiuto sempre più prezioso arriva dalla tecnologia, come racconta “Opportunità e vincoli nell’applicazione del 4.0 nella filiera agroalimentare italiana”, la survey realizzata da Nomisma che ha analizzato i vantaggi e i limiti dell’adozione del 4.0 nella filiera agroalimentare italiana, coinvolgendo 1.034 aziende agricole italiane. Da cui emerge che il 42% delle aziende rientra nella categoria dei “realisti”, curiosi e interessati al tema, ma non hanno le risorse e le competenze per potere investire in strumenti innovativi; il 27% si dichiara scettico, perché ritiene che i vantaggi dell’innovazione siano sovrastimati e che si tratti soltanto di una questione legata a una moda temporanea. Il 18%, “i futuristi teorici”, pensa che l’innovazione sia essenziale per la crescita economica e sono disposti anche ad indebitarsi pur di introdurre un’innovazione. Infine, la categoria degli “sperimentatori”, che rappresenta il 13% del campione, che credono nell’innovazione e la applicano quotidianamente sperimentando investimenti in innovazione per migliorare la gestione aziendale.
In termini di conoscenza e consapevolezza, il 64% degli imprenditori agricoli ha sentito almeno una volta parlare di agricoltura 4.0, e il 90% di agricoltura di precisione, e più della metà del campione (il 52%) ha dichiarato di ritenersi abbastanza informato in relazione al tema. Internet si rivela il luogo più accessibile per reperire informazioni: il 31% degli intervistati è venuto a conoscenza della possibilità di introdurre questo strumento in azienda tramite web, il 13% alle fiere di settore, l’11% direttamente dal rivenditore dello strumento e della tecnologia, il 9% tramite rivista o giornale specializzato. Negli ultimi 3 anni, così, il 22% delle aziende ha investito in strumenti per l’agricoltura 4.0; la propensione all’investimento è maggiore nelle aziende con sede al Nord che operano nei settori dell’allevamento, cerealicolo e delle colture industriali aventi con una classe di fatturato di oltre 50.000 Euro e un organico composto prevalentemente da Millennials (18-35 anni). Tra le principali motivazioni che hanno portato il 78% delle aziende italiane a non investire nelle tecnologie di agricoltura 4.0 vi sono il tema economico (35,8% dei casi), e le piccole dimensioni dell’azienda (31,9%). Per il 6,9% degli intervistati invece, non appaiono chiari i vantaggi derivanti dall’adozione di questi strumenti, mentre per il 6,4% non apporterebbero alcun beneficio utile all’azienda.
Tra gli strumenti 4.0 più efficaci e che hanno portato maggiori benefici alle aziende vi sono: macchine operatrici a dosaggio variabile 33%, Trattrice con guida assistita o semi automatica e GPS integrato (27,5%), software di gestione aziendale e altri software 9%, centraline meteo 6,3%. Considerando il fronte degli investimenti, le risorse utilizzate per l’acquisto della strumentazione derivano per il 69% dal loro capitale, per l’11% dal finanziamento dell’istituto di credito, per il 9% dal Finanziamento del PSR, per il 7% da leasing. Nella maggior parte dei casi (il 45%) le aziende hanno speso una cifra al di sotto di 5.000 euro per strumenti come software, centraline, mappe e sensori; solo il 9% delle aziende ha investito una cifra superiore a 100.000 euro. Considerando invece le parti hardware e le trattrici gli investimenti sono stati maggiori: l’8% delle aziende ha investito oltre 100.000 euro, il 12% ha speso una cifra compresa tra 50.000 e 100.000 euro e il 20% tra 20.000 e 50.000 euro. Solo il 15% ha investito meno di 5.000 euro.
Tra i benefici portati dall’adozione di tecnologie 4.0 vi è al primo posto la riduzione delle quantità di fitofarmaci, concimi e acqua distribuiti per ettaro (31%), la riduzione dell’impatto ambientale e un miglioramento della qualità del prodotto (24%), seguita dall’abbattimento dei costi di produzione e dall’incremento delle rese per ettaro/capo (20%) e una riduzione dei tempi di lavoro (16%).
“Si sente un gran parlare di agricoltura 4.0, di smart farming e di riforma Pac, ma presentare casi concreti è meritevole perché fa realmente apprezzare il significato di queste tecnologie e i vantaggi competitivi in termini di costi e sostenibilità ambientale”, ha commentato Paolo De Castro, vicepresidente Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo. “La discussione sulla riforma Pac post 2020 contiene un capitolo sull’agricoltura di precisione soprattutto a sostegno dei temi legati alla sostenibilità e che saranno sempre più importanti per il futuro”. Denis Pantini, responsabile Area Agroalimentare di Nomisma, ha invece sottolineato che “seppure agli inizi, la rivoluzione digitale è un processo inesorabile capace di promuovere effetti in grado di cambiare la fisionomia di un settore all’apparenza immutabile come quello agricolo italiano. Gli impatti derivanti dall’adozione delle nuove tecnologie digitali non sono infatti esclusivamente economici, ma interessano anche ambiti sociali e ambientali”.

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