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#NopastoriNOsardegna: si dimezza il prezzo del latte e 12.000 aziende sarde rischiano di chiudere. Mentre a Cagliari le proteste coi trattori continuano, una delegazione di allevatori incontra a Roma le istituzioni preposte per negoziare soluzioni

Le speculazioni sul latte di pecora hanno dimezzato i prezzi riconosciuti ai pastori sardi con una perdita stimata in 130 milioni di euro. Lo comunicano Coldiretti e Cia oggi nella giornata di protesta di migliaia di pastori che, con i trattori, hanno invaso il centro storico di Cagliari per difendere una tradizione secolare a suon di hashtag. Nel frattempo sono iniziate le trattative fra le Commissioni Agricoltura di Camera e Senato e le organizzazioni di categoria sulla base di proposte sia strutturali che immediate per gestire l’emergenza. Il prezzo del Pecorino Romano, infatti, si è praticamente dimezzato, passando da 9,50 euro al kg a 5,20 euro al kg, con conseguenze pesantissime sul prezzo del latte alla stalla che ha perso oltre il 50% del suo valore: appena 55 centesimi al litro rispetto ad 1 euro di fine campagna 2015. Una elemosina che non copre neanche i costi di allevamento e di alimentazione e spinge alla chiusura i 12.000 allevamenti presenti nell’Isola. I pastori con bandiere e manifesti sono giunti da tutta la Sardegna per il corteo e hanno deciso di preparare dal vivo il vero pecorino per mostrare le innovazioni usate nel rispetto della tradizione nel produrre dalla mozzarella di pecora al pecorino per vegetariani a quello digeribile per i più piccoli. Hanno, inoltre, esposto le specialità sarde ora a rischio di estinzione.
In Sardegna - sottolinea la Coldiretti - si trova il 40% delle pecore allevate in Italia che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop), ma riconosciti dall’Unione Europea ci sono anche il Fiore Sardo Dop e il Pecorino Sardo Dop. Sull’isola vi è più alta la concentrazione di pecore del Mediterraneo: quasi più di due ogni abitante, 2,8 milioni di animali per 1,5 milioni di persone con il risultato che le forme paesaggistiche dell’Isola dipendono dal fatto che ben il 70% del territorio è destinato al pascolo dal quale gli animali traggono alimento. Un impatto determinante anche sulla salute: è provato scientificamente che i prodotti alimentari derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla vita dell’uomo perché sono ricchi di sostanze nutraceutiche e la prova concreta viene in Sardegna dall’alto numero di centenari: 22 ogni 100.000 abitanti, la seconda regione più longeva del mondo dopo la giapponese Okinawa. Ma in gioco c’è anche un patrimonio unico di biodiversità. La pecora sarda - sottolinea la Coldiretti - è una delle più antiche d’Europa probabilmente deriva dal muflone del Gennargentu e testimonia la vocazione degli antichi popoli nuragici alla pastorizia. Durante il Medioevo, nel periodo giudicale della Sardegna, l’allevamento della pecora sarda andò espandendosi grazie ai monaci benedettini che lo sfruttavano per il loro sostentamento. Fu così che nel corso dei secoli l’allevamento di questo animale si radicalizzò in tutto il territorio, condizionando gli aspetti economici, sociali, culturali e storici della Sardegna, a partire dalla gastronomia. Il latte della pecora sarda, che rappresenta una eccellenza agroalimentare italiana, è un latte molto più ricco di quello di mucca, con una qualità e quantità di grassi e di proteine notevolmente superiore e con il quale si producono i più famosi e gustosi formaggi. Il pecorino - conclude la Coldiretti - è uno dei formaggi italiani più antichi: veniva prodotto già nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate dei legionari, ma è probabile che le sue origini siano ancora più antiche, vista la diffusione delle pecore sul territorio nazionale.
Bisogna insomma difendere un primato regionale che rappresenta il vero valore aggiunto per il rilancio l’economia, il lavoro ed il turismo della regione: infatti accanto ai pastori si sono schierati pescatori, allevatori, coltivatori di ortofrutta, vino, cereali e delle altre produzioni impegnati a garantire la genuinità e l’originalità della vasta offerta agroalimentare di un territorio dove produrre è piu’ sempre difficile per la burocrazia, i costi dei trasporti, dell’acqua e per i danni causati dagli animali selvatici. Le soluzioni trovate dalle associazioni di categoria coinvolte sono diverse. La Coldiretti della Sardegna chiede che d’ora in poi ogni centesimo pubblico destinato al comparto abbia una ricaduta certa e diretta sui pastori per non fare arricchire furbetti e che siano intensificati dei controlli sulle truffe e sugli inganni. Chiede inoltre di verificare e accelerare l’apertura del bando per destinare il pecorino ai poveri indigenti, attivare il prestito di conduzione e tutte le misure comunitarie disponibili per sostenere i redditi e garantire liquidità alle imprese agricole. La Cia-Agricoltori Italiani invece con una delegazione di allevatori sardi ha scelto la strada del dialogo e della trattativa con le Istituzione preposte, per salvare le aziende isolane che sono nel baratro.
Sul tavolo dei presidenti delle commissioni Agricoltura di Camera e Senato, Luca Sani e Roberto Formigoni, un documento di proposte per tutelare il reddito di produttori e allevatori dal crollo dei prezzi. La Cia chiede di mettere in campo subito una serie di misure per affrontare l’emergenza: l’attivazione del Fondo di Garanzia; l’immediata emanazione del Bando Agea per gli indigenti con l’inclusione del Pecorino Romano tra i prodotti del paniere; il pagamento automatico degli impegni comunitari; l’accesso agevolato al mutuo di conduzione con copertura degli interessi attraverso l’uso del de minimis; l’attivazione di un Fondo regionale di rotazione reso accessibile alle aziende agricole e che sia garantito direttamente dalle produzioni ferme nei magazzini.
La seconda parte del documento della Cia-Agricoltori italiani riguarda invece gli interventi di carattere strutturale e organizzativo necessari al settore ovicaprino. In questo senso, è necessario: affrontare il problema dell’organizzazione della produzione, fortemente polverizzata; favorire la nascita dell’Interprofessione, anche per prodotti specifici (Dop e Igp); stipulare accordi di filiera e contratti di coltivazione e/o di produzione, anche utilizzando lo strumento degli accordi interprofessionali; favorire la capacità valorizzativa del marchio qualità Sardegna, quale strumento identitario di distinzione delle produzioni, gestito dalle imprese agricole e agroindustriali regionali; creare nuovi strumenti assicurativi, anche potenziando e riformando le funzioni dei Consorzi di Tutela, a difesa dei produttori dalle crisi di mercato; agevolare il ritiro dal mercato dell’ortofrutta, del latte, dei formaggi o di altri prodotti eccedenti nei periodi di crisi.
Gli agricoltori e gli allevatori della Cia confidano che le loro istanze vengano accolte e sia data rapida esecuzione a quelle misure necessarie a non rompere quel “filo” che tiene vive decine di migliaia di aziende, e quindi, il sostentamento di centinaia di migliaia di famiglie sarde.

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